The Allman Brothers Band THE 1971 FILLMORE EAST RECORDINGS
VATI DEL SOUTHERN ROCK
"Dal suo primordiale accordo il rock and roll è sempre stata una musica suonata dal vivo e nessuna band lo ha mai fatto meglio dell'Allman Brothers Band". Sono le profetiche parole che aprono il libro che è parte stessa del monumentale box set di 6 cd registrato dal gruppo georgiano al Fillmore East di New York nel marzo e giugno 1971. Per la band fondata dai due fratelli Allman, Duane e Gregg, veri e propri profeti del southern rock più torrido, c'erano stati già due notevoli album in studio, l'omonimo "Allman Brothers Band" (1969) e "Idlewild South" (1970) che però esprimevano solo una minima parte del poderoso potenziale che sapevano regalare nelle numerose e leggendarie esibizioni live. E non poteva essere altrimenti considerata anche la natura e struttura della formazione messa in campo. Con Gregg Allman alla voce solista e le tastiere c'erano il poderoso e sfortunato bassista Barry Oakley, la doppia batteria (!) di Butch Trucks e Jai Johanny Johanson e soprattutto i due fenomenali chitarristi, Duane Allman e Dickey Betts. Grazie alla fantasia ed alla capacità improvvisativa degli ultimi due la ABB era capace notte dopo notte di suonare lo stesso pezzo sempre in maniera diversa, strabiliando regolarmente il pubblico presente. Il Fillmore East di New York del noto promoter Bill Graham era la controparte orientale del Fillmore West californiano che aveva visto come assoluti protagonisti i migliori gruppi del San Francisco sound come i Grateful Dead, i Jefferson Airplane ed i Quicksilver Messenger Service. Questi ultimi sono l'unica band che poteva permettersi una coppia di chitarristi, John Cipollina e Gary Duncan, del livello di quella dell'ABB.
LA CRONISTORIA DEI CONCERTI
Il 12 e 13 marzo 1971 la band si era esibita per due giorni consecutivi, suonando la bellezza di 4 set, cosa abbastanza normale in quei giorni gloriosi, inimmaginabile adesso per come vengono gestiti i concerti. Il colossale box uscito il 29 luglio per la storica Mercury contiene finalmente tutte e 4 le esibizioni per intero oltre allo show di chiusura del Fillmore East che avvenne il 27 giugno del 1971. In totale sono 6 cd per oltre sei ore di favolosa musica. In alternativa esiste la solita edizione in formato bluray (3 dischi) e quella immancabile in vinile, 4 dischi, per i puristi del suono sixties. Quest'ultima ha una track list un po' confusionaria, contiene solo una minima porzione dei 5 show e non è esattamente consigliabile, strana in questo caso appare la scelta commerciale della Mercury. La qualità audio di questa rimasterizzazione è davvero superba, così come la confezione esterna del box. In pratica un libro di cartone rigido, nero e molto elegante, con note di John Lynskey (uno dei curatori dello splendido sito Hittinthenote.com ndr.) con dettagliati ed emozionanti commenti. Questa versione da sei cd fa di "The 1971 Fillmore East Recordings" il più grande live della storia del rock, senza tema di smentite. Dopo, nei 40 e passa anni che sono seguiti solo un altro live ha raggiunto una tale intensità. E non è affatto casuale che a realizzarlo siano stati i Gov't Mule nati proprio da una costola dell'ABB. Un gruppo che aveva in formazione il loro bassista degli anni novanta Allen Woody ma soprattutto il gigantesco, in tutti i sensi, chitarrista Warren Haynes, l'unico degno erede di Duane Allman. Il disco venne registrato in una memorabile notte di fine anno del 1998 al Roxy di Atlanta e si chiamava "Live…with a little help from my friends" dalla durata mostruosa di quattro ore per 4 fantastici cd. Ma questa è un'altra storia.
La Allman Brothers Band già nell'anno 1970 era stata on the road per ben 300 giorni (!), aumentando gradualmente il numero dei suoi aficionados giorno dopo giorno, show dopo show. Il gruppo aveva già suonato nei due locali di Bill Graham sia a Frisco che a New York. Era l'anno 1969. Con lui era nato un feeling particolare, una sorta di stima ricambiata vicendevolmente. Le date programmate al Fillmore nel 1971 avevano il preciso intento di catturare una volta per tutte il suono dell'ABB nel periodo del suo massimo splendore. A tal proposito una unità di registrazione mobile era parcheggiata in quei giorni di marzo giusto fuori dal glorioso auditorium newyorchese. Ricorda Gregg Allman "Bill Graham era un tipo gentile con tutti, a lui non importava quanto eri famoso, se eri il gruppo di supporto o gli headliner, trattava tutti allo stesso modo, magari non ti pagava tanto, però se ti comportavi bene era pronto a richiamarti". Uno degli artefici del suono Allman era il produttore Tom Dowd che si dichiarò "stupito del fatto che l'ABB era in città in quei giorni” (Internet non esisteva) e si precipitò al Fillmore per non perdersi quegli attimi magici. Quando venne a sapere che per il set del 12 marzo erano stati aggiunti due fiatisti, Rudolph "Juicy" Carter al sax e Thom "Ace" Doucette all'armonica, andò inizialmente su tutte le furie con frasi tipo "questi non conoscono i pezzi, andranno fuori tono, i fiati non c'entrano niente col suono degli Allman". I fatti però gli daranno torto perché, anche se effettivamente quello dell'ABB è un suono fondamentalmente chitarristico, i due elementi aggiunti non sembrano affatto fuori posto.
CD 1-2
Il primo show, quello del cd 1 per intenderci, venne aperto da un Duane Allman che arringava la già eccitata folla presente con un "stiamo registrando il nostro terzo album e lo faremo qui, direttamente on stage". Sottolineando che tutti e cinque i set hanno una intensità straordinaria questo primo show pomeridiano del 12 marzo è quello che ai molti seguaci dell'ABB regalerà più sorprese anche perché totalmente inedito, quantomeno legalmente. E’ francamente difficile distinguere la migliore fra le varie versioni dello stesso pezzo e tantomeno criticare la Mercury quando si trovò costretta a scegliere quale mettere sul disco che, in glorioso doppio vinile, uscì a ridosso degli show del Fillmore East. Sul primo disco sono 2 su 6 i pezzi a firma ABB, di questi la più nota è lo straordinario strumentale In memory of Elizabeth Reed scritto da Dickey Betts. Il nome del pezzo è ispirato ad una ballerina, il cui nome l’autore aveva visto su una tomba di Macon, Georgia, anche poi se in realtà il brano era dedicato alla ragazza di Boz Scaggs. Con quest'ultimo Duane Allman suonò in maniera divina anche nel disco omonimo del 1969, "Boz Scaggs" ed a proposito della canzone, ignaro della verità, fece sapere in un’ intervista che Betts "se la faceva con le donne morte dei cimiteri". Aneddoti a parte in questo lungo pezzo, che qui sfiora i 18 minuti è racchiusa tutta la perizia, tecnica, passione, capacità di improvvisazione e dilatazione del suono che la band abbia mai mostrato nella sua lunghissima storia musicale.In questa track sono presenti proprio Rudolph Carter al sax e Bobby Caldwell ai timbales, che proveniva dalla band del compianto Johnny Winter, giusto per arricchire il già poderoso muro del suono. E non sfigurano affatto. Questo primo show durò stranamente appena 50 minuti, quasi un antipasto delle meraviglie che seguirono. Nella esibizione serale in cui suonarono otto pezzi, per metà inediti su disco ufficiale, l'ennesima versione del pezzo di Dickey Betts è ancora più estesa con duelli chitarristici di clamorosa intensità.
Mai più il rock esplorerà così in profondità gli abissi del suono come in questi 20 interminabili minuti. Ma non c'è solo questo nei primi due cd del box del Fillmore. Che dire infatti delle riuscitissime covers dei classici di Muddy Waters, Trouble no more, di Blind Willie Mc Tell, Statesboro blues e delle chilometriche versioni, da 17 e 19 minuti di You don't love me del blues singer Willie Cobbs? Nel finale di quest'ultimo brano dal pubblico si levò una esortazione "suonate tutta la notte!" al che Duane Allman si pose al centro del palco e lasciò vibrare la sua Gibson Les Paul liberando una cascata di note dalla sei corde. Ricorda Jaimoe, uno dei due batteristi "Duane cercava sempre qualcosa di nuovo, non si stancava mai d'imparare e sviluppare nuove idee ed io l'ammiravo proprio per questo".La possibilità di allungare a dismisura composizioni che in origine duravano 3-4 minuti era facilitata proprio dalla presenza in formazione dei due formidabili chitarristi, Duane Allman appunto e Dickey Betts. Il loro rapporto era basato su un rispetto reciproco e su di una sana competizione. Di quante altre formazioni con dentro due personalità simili si può dire lo stesso? Ricorda lo stesso Betts "avevamo una grande relazione, lasciavamo sempre da parte egoismi e gelosie, ci incitavamo l'uno con l'altro per spingerci sempre avanti, alla ricerca di territori sonori inesplorati". Continua: "certe volte alcuni pezzi erano difficili per uno dei due da seguire o viceversa, ma ci guardavamo sempre on stage e spesso quando finiva un assolo uno subito iniziava l'altro".
CD 3-4-5
I due lunghi show del 13 marzo sono stati giocoforza spalmati sui cd 3, 4 e 5. Questo perché, mentre lo show pomeridiano al solito era più breve, 55 minuti circa, per quello della sera la band decise di esagerare per soddisfare il pubblico e proporre una scaletta un tantino differente di quella del primo giorno. D'accordo col produttore Tom Dowd il sax di Rudolph Carter venne stavolta fatto fuori. Il suono non sembra risentirne affatto, vedi l'ennesima Whipping Post in chiusura dello show del pomeriggio, al solito superba, e la solita In memory of Elizabeth Reed dove anche Gregg Allman si fa notare per un bel solo di organo. Jaimoe dice di questa traccia"non ho mai conosciuto nessun altro chitarrista che scriveva strumentali melodici come Dickey Betts, lui suonava quello che sentiva dentro, sapeva unire e miscelare i molti elementi di un pezzo in una splendida armonia". Nella esibizione serale invece abbiamo una inedita One way out del grande Elmore James, la cover pazzesca di Stormy Monday di T-Bone Walker estesa a 10 minuti con superba performance vocale di Gregg Almann e soprattutto la celeberrima Mountain Jam. Come ormai tutti sapranno l'innocuo brano di Donovan, There is a mountain, venne completamente stravolto dall'ABB che ne fece una lunghissima jam di ben 33 minuti dove la band fece per così dire "i fuochi d'artificio". Ogni componente del gruppo in pratica diventava un solista in una specie di gara a spingersi più lontano possibile. Qui i due batteristi ebbero ovviamente il loro momento di gloria. Il brano è lo stesso che troviamo nella versione originale in vinile del doppio "Eat a Peach" (1972) e che era stato disgraziatamente spezzato su due facciate rendendo il suo ascolto quantomeno problematico. Nel postumo "Live at Ludlow Garage" che si riferisce ad un concerto del 1970 a Cincinnati lo stesso brano dura, alla maniera dei Grateful Dead, ben 44 minuti (!).
CD 6
Chiude il box il closing show del Fillmore East del 27 Giugno 1971. Questo ennesimo e conclusivo tour de force dell'ABB era già stato pubblicato nella imperdibile, per una volta, deluxe edition del 2006 del solito "Eat a peach". Qui vanno spese due parole d'introduzione. Bill Graham, stanco di catapultarsi da est a ovest decise, con grande scoramento dei fan, di chiudere entrambi i suo gloriosi locali. Per il Fillmore di New York pensò giustamente di affidare all'ABB il compito di essere l'ultima band a salire sul palco, del resto come dice Butch Trucks "eravamo quelli che avevamo suonato più volte qui in circa due anni, praticamente la band di casa e Bill allora pensò proprio a noi". Questa notte magica viene definita da molti "The night they closed the Fillmore down" con voluto riferimento al famoso e quasi omonimo pezzo di The Band. Si esibirono infatti, per qualcosa come sei ore, gruppi ed artisti come Albert King, J.Geils Band, Mountain, Country Joe and the Fish, Edgar Winter ed i Beach Boys. Questi ultimi crearono non poco problemi a Graham visto che l'egocentrico Brian Wilson pretendeva di suonare per ultimo (!). Ma Bill fu irremovibile, aveva già fatto la sua scelta e mai se ne è pentito. L'unico problema fu che l'ABB salì on stage praticamente alle 3 del mattino e venne presentata entusiasticamente da Graham "non ho mai ascoltato in vita mia una band che suona dal vivo come l'Allman Brothers Band". Qui mistero e leggenda si uniscono in un mix micidiale. Nessuna registrazione dello show per intero è sopravvissuta negli anni. Incredibile. Lo show di chiusura del Fillmore e nessuno si ricorda di immortalare il concerto. Questa folle dimenticanza ha quantomeno risparmiato l'esibizione dell'ABB. Con qualità sonora di prim'ordine.
Dopo …
Dopo questa storica performance, quando per il gruppo la strada sembrava finalmente lastricata d'oro e di gloria il destino ed il corso della storia presero la strada sbagliata. La tragica scomparsa di "Skydog" (così veniva chiamato Duane Allman) avvenuta il 29 ottobre 1971 nella sua Macon in Georgia e quella del bassista Berry Oakley un anno dopo, nello stesso luogo e sempre per un incidente motociclistico chiusero in pratica l'età dell'oro di questa formazione leggendaria. Death don't have no mercy (la morte non ha pietà) per citare un noto traditional rifatto anche dai Grateful Dead. Il cammino dell'ABB non si chiuse qui però. Nel 1989 dopo una lunga pausa è avvenuta la reunion e l'arrivo del summenzionato Warren Haynes ha ridato slancio al gruppo, capace ancora di infiammare le platee americane. Oltre a lui l'ABB ha trovato pure Derek Trucks, altro notevole guitar hero. I due però, presi anche dai loro impegni con le rispettive band, ad inizio 2014 hanno annunciato la decisione di lasciare lo storico gruppo. Forse stavolta è davvero finita. Vogliamo chiudere con l'inevitabile, scontata ma doverosa dedica di questo articolo a Berry Oakley e Duane Allman. Dell'ultimo vi offriamo una bellissima istantanea di un fan presente quella notte al Fillmore East "era l'unico che diceva qualche parola fra un pezzo e l'altro, suonava sempre con gli occhi chiusi e la bocca aperta, la testa abbassata, i lunghi capelli biondi che gli incorniciavano il viso, con le dita che scivolando sul manico della chitarra formavano una connessione magica fra la sua anima e lo strumento".
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