AA.VV.: Nostra Signora delle Tenebre Il folle genio visionario dell’Italia più occulta
AA.VV.: “Nostra Signora delle Tenebre” compilation,
2 LP (Backwards Records, 18 Aprile 2015)
(Recensione di Ruben Gavilli e Romina Baldoni)
La trama di "Nostra signora delle tenebre": 15 composizioni per rendere omaggio ad un certo cinema italiano degli anni ’60 -’70. Le colonne sonore dei gialli e degli horror rivisitate da un malintenzionato gruppo di musicisti italiani. Il film visionario che ci viene proposto: episodi assemblati per riportare alla luce retaggi e suggestioni di un'Italia che buttava nel calderone immaginifico della sua smisurata fantasia letteralmente di tutto: sacro e profano, crudeltà demenziale, erotismo da eccesso repressivo, gusto del trash e del morboso. Iperboli bizzarre e curiose di un perbenismo che tenta grottescamente di scendere a compromessi con una irrefrenabile voglia di trasgressione dai toni tanto poetici quanto ingenui.
Side 1 - Nuda Per Satana ad opera degli Heroin In Tahiti (originariamente di Baldan Bembo, per l’omonimo horror erotico di Luigi Batzella), cala una coltre malefica sull’ascoltatore, il pattern di percussioni, tastiere e chitarre persiste, mentre campionamenti oscuri urlano e gemono. Il clima si fa d’improvviso umido e bollente e tra i vapori di un inferno equatoriale spunta Palude (L. Michelini) dei Lay Llamas, viaggio distorto e ansiogeno che balla su beat afro esotici con cori tribali sullo sfondo. Second Hand Sam ci riportano nella dimensione terrena di Gli Ultimi Cannibali di Nico Fidenco, per offrire una ballata tetra e inquietante. La suite Tourist Trap ad opera di Pino Donaggio viene rivisitata dalle tastiere allucinate di Lamusa.
Side 2 - Edible Woman rallentano all’inverosimile Magic & Ecstasy di Ennio Morricone (dal film “L’Esorcista 2: L’eretico”) in una versione claustrofobica, sciamanica, densa di feedback. Mai Mai Mai inquina l’atmosfera con vagonate di noise e rumorismi, soffocando le Sette Note In Nero di Bixio, Frizzi e Tempera senza però venir meno al senso angoscioso della composizione originale. La compilation si fa sempre più metafisica, impalpabile come una catabasi nell’Erebo: dalle giungle di Heroin In Tahiti e Lay Llamas, agli incubi urbani e alle allucinazioni radioattive dei Jennifer Gentle che regalano una Chanson De La Nuit di Egisto Macchi bellissima e terrificante, un tappeto di synth e cori eterei che lentamente si dissolvono. Slumberwood sfornano una versione oscura della jazzata Toby Dammit di Nino Rota per il corto di Federico Fellini.
Side 3 - I Mamuthones materializzano un’estasi pianistica con la marziale The Thing (sempre di Morricone). Tornano le visioni stranianti ed esoteriche con la lunga Incubo Sulla Città Contaminata (Stelvio Cipriani) a cura di Gianni Giublena Rosacroce, aka Stefano Isaia, dove synth e percussioni fanno da intelaiatura alle incisioni twang di chitarra e ai refrain zuppi di distorsione. Ancora Fabio Frizzi viene omaggiato nella sua L’aldilà da The Beautiful Bunker che rende il pezzo un sabba al neon, un pozzo ipnotico di voci, tastiere e chitarre terrificanti, una stasi che esplode in campionamenti di urla. La vera psichedelia occulta.
Side 4 - Cannibal Movie movimentano Sans Espoir di Bruno Nicolai in un delirio caleidoscopico di percussioni e tastiere, fino al gorgo nero che ci allestiscono i Father Murphy con L’alba Dei Morti Viventi dei Goblin: uno schizofrenico collage che aliena l’ascoltatore. Torna ancora il tema di Nuda Per Satana, nelle mani degli OVO che tirano fuori una ballata ipnotica e mefitica. Il finale spiazzante vede Maria Celeste alle prese con una versione per sole chitarra, tastiere e voci di Cento Campane di Lando Fiorini, colonna sonora del famoso sceneggiato televisivo del 1971, “Il Segno Del Comando”, in una versione malinconica e desolata più che inquietante. Pur guardando ad un panorama ben preciso e circoscritto, Nostra signora delle tenebre risulta un’operazione grandiosa e per tanti versi indispensabile. I gruppi hanno offerto reinterpretazioni personalizzate ma allo stesso tempo rispettose, profondamente partecipate e incarnate. Omaggio ai compositori di allora che, al di là di una ostentazione didascalica, riesce a mettere in luce uno spirito di affinità e continuità con l'estetica di quei tempi. La tradizione viene smembrata e fatta a pezzi per poter rinascere sotto un nuovo profilo determinato a guardare avanti. Il segno che esiste un’Italia sotterranea che sa usare nel modo più maturo e costruttivo le grandi lezioni del passato per rendere ancora incisiva e prestigiosa la propria voce.
Dalle colonne sonore dei b-movies alle nuove psichedelie
(Approfondimento di Romina Baldoni)
“Nostra Signora delle Tenebre”, pubblicato nel 1971 in forma breve, con il titolo "The Pale Brown Thing" e nel 1977 come "Our Lady of Darkness" è un romanzo horror di Fritz Leiber che contribuirà notevolmente alla diffusione del genere urban fantasy proprio a partire dagli anni ’70. Sotto questa ispirazione la Backwards decide di rendere omaggio al nostro periodo aureo nella programmazione di avvincenti storie capaci di mescolare suspence, magia e modernità in una fusione inaudita e spettacolare, avvincente e davvero in grado di segnare in maniera indelebile il nostro immaginario. Quindici brani di celeberrimi film tra i più rappresentativi di quel genere cult in grado di proporre un ibrido cocktail di giallo/horror/erotico, le cui colonne sonore, firmate da autori prestigiosi del calibro di Morricone, Cipriani, Bembo, Rota e Macchi, hanno senz’altro scolpito e caratterizzato l’associazione tra la suggestione visiva e uditivo sensoriale. In Italia si ricordano gli anni di grande diffusione della serie di fantascienza Urania, le cui meravigliose copertine disegnate da Carlo Jacono e Karel Thole hanno fornito gli spunti giusti per tantissime sceneggiature che riproponevano gli scenari surreali e incredibilmente fantasiosi di giungle urbane fuori dal tempo e dallo spazio, stregonerie, mostruosità e bizzarie di ogni sorta che minacciavano il genere umano in vorticosi ritmi capaci di rapire la curiosità e la partecipazione di larghe fette di pubblico. Altro grande riscontro, emulato in tutto il filone di gran successo detto ‘mondo movie’, ebbe il film documentario “Mondo Cane” del 1962, di Prosperi, Jacopetti e Cavara. Anche in questo caso, seppur partendo da spunti realistici, il gioco ad effetto consisteva nell’associazione tra immagini cruente e raccapriccianti (lo splatter autentico, forse il primo presente nel panorama cinematografico mondiale) e la tensione emotiva suggerita dalle musiche realizzate da Riz Ortolani e Nino Oliviero. Nello stesso periodo gioca un ruolo fondamentale anche l'avanguardia che cerca di trovare un canale espressivo in grado di mettere in comunicazione in modo sensazionalista: teatro, pittura, musica, scultura, danza e letteratura. La multimedialità, l'eredità del minimalismo americano, la voglia di rompere schemi precostituiti, ispireranno la pop art e il nuovo realismo di matrice italiana che farà capo alla cosiddetta Scuola di Piazza del Popolo. E’ chiaramente indubbia, la capacità di molti autorevoli compositori nostrani anche -e/o- prevalentemente di formazione classica, di dare sfogo a tutta l’inesauribile verve fantasiosa e visionaria, proprio nel cimentarsi nella sonorizzazione di tematiche tanto rocambolesche e stravaganti. Così come è indubbio che proprio in questi anni l’Italia arriva a fare scuola a livello mondiale nella produzione musicale cosiddetta library, mettendo in campo un archivio stupefacente e vastissimo, che solo in questi ultimi anni e con l’ausilio della tecnologia è stato riportato alla luce, rivelando tesori impensabili. E se noi ci eravamo già interrogati su quanta e quale influenza proveniva proprio dal filone della library nel rimarcare e caratterizzare l'esplosione della nostra attuale scena - che il giornalista Antonio Ciarletta ha definito "Italian Occult Psychedelia" - ecco che la Backwards in qualche modo arriva con tempismo perfetto a chiarificare le nostre intuizioni con questo retro-futuribile doppio vinile in edizione limitata.
La lista dei gruppi che eseguono le cover in scaletta non lasciano adito a dubbi. Incontriamo nomi noti del nostro underground che, soprattutto all'estero, hanno esaltato e diffuso l’interesse crescente per un modo particolare di legare l'intelaiatura musicale ad una memoria collettiva squisitamente endemica. Dai precursori assoluti dell'acid rock nostrano, i Jennifer Gentle di Marco Fasolo, che hanno conquistato un contratto con la prestigiosa Sub Pop di Seattle, fino ai nomi dell'ormai consolidato cartellone del festival tributo ufficiale del nuovo fenomeno, il Thalassa: Father Murphy, Mamuthones, Mai Mai Mai, Lay Llamas, Heroin in Thaiti, Cannibal Movie e Gianni Giublena Rosacroce. Poi le nuove rivelazioni e i progetti collaterali più obliqui: Second H. Sam, Lamusa, Edible Woman, Slumberwood, Beautiful Bunker e Maria Celeste, oltre ai consolidati OVO. Chiaramente non è nostra intenzione arrivare a dimostrare che esiste un suono occulto, psichedelico e italiano da ostentare come una nuova corrente o come un marchio di fabbrica sotto la cui ragione sociale andare a raggruppare, ingenerosamente e superficialmente, realtà e identità davvero eterogenee e davvero dai tratti fortemente indipendenti e personalistici. L'obiettivo di questo approfondimento è invece capire come da radici e tradizioni comuni sul piano socio culturale, si possa arrivare ad una hauntology che faccia riferimento sotto forma di ‘memoria inconscia’, proprio a suggestioni, a stimoli e patrimoni comuni. Come da sensibilizzazioni convergenti prenda poi via e vita la riattivazione di una macchina creativa estremamente vivace, intuitiva, curiosa e vorace, continuamente in grado di metterci del suo, quel tocco e quell'allure, quella freschezza e quell'approccio arty che hanno reso celebre nel mondo il buon gusto italiano. E' quindi importante mettere sempre in risalto realtà qualitativamente meritevoli, piccole leggende metropolitane da cui traggono nutrimento nuovi linguaggi e nuovi fermenti in grado di tratteggiare le nostre origini, la nostra storia, i rituali arcaici e le tradizioni popolari che nel bene e nel male l'hanno colorata e imbrattata. E davvero si arriva a scoprire che abbiamo un groviglio incandescente, una discarica putrescente da cui andare ad attingere per guardare avanti, fonti inesauribili di folklore e follia tricolore che possono fare la differenza! In questo articolo approfondimento si parte quindi dalla bella notizia dell’uscita di “Nostra Signora delle Tenebre”, la cui recensione dettagliata si può trovare nella prima parte, e si arriva ad una interessante indagine di tipo antropologico e sociologico che trae in causa la nostra identità e il nostro modo peculiare di recepire gli stimoli esterni caratterizzandoli e personalizzandoli. Nessuna conclusione ma una panoramica che ciascuno può tradurre e interpretare nel modo che ritiene migliore. A tale fine si sono raccolti interventi di alcuni dei protagonisti a cui di volta in volta sono state fatte domande leggermente variate per tracciare una traiettoria o trovare un filo conduttore che ci possa aiutare a comprenderci meglio e scoprire che comunque la musica è un importante canale di comunicazione e di conoscenza.
Interventi - Interviste
(A cura di Romina Baldoni)
Pasquale Lomolino (Backwards Records)
"Backwards nasce nel 2011 dalle ceneri di A Silent Place, la mia vecchia label. A Silent Place è stata, credo, una delle prime label italiane ad interessarsi in egual misura a sonorità sperimentali, drone music, nuova psichedelia e al cosiddetto "weird folk", ricevendo notevoli riscontri soprattutto all'estero, forse la prima in quell'ambito specifico. Backwards nasce per ritrovare nuovi stimoli e per continuare e migliorare, se possibile, quel progetto. Il primo elemento distintivo è quello di essere una "vinyl only" label, perché quello che mi caratterizza da sempre è la passione per il vinile, che a mio parere è "il supporto"; l'altro elemento è l'eterogeneità delle scelte artistiche: ogni release rispecchia il mio gusto personale e alcuni dei miei interessi in ambito musicale. I punti di contatto con A Silent Place credo che siano evidenti: prima di tutto il carattere internazionale del progetto; in secondo luogo poi la continuità data da alcuni artisti con cui collaboro da anni: Fabio Orsi, My Cat Is An Alien, Aidan Baker. Particolare attenzione è destinata al packaging e all'aspetto collezionistico del supporto vinile (ci sono quasi sempre micro-edizioni in vinile colorato o con alcuni extra). Il 2015 è un anno importante per Backwards: la compilation "Nostra Signora Delle Tenebre", un album del grande Mike Cooper, il ritorno dei My Cat Is An Alien, la prima uscita su libro (book fotografico di Fabio Orsi). L'emanazione in ambito avantgarde e concettuale si chiama Ricerca Sonora".
Marco Damiani (curatore e ideatore della compilation)
"L’idea della compilation è stata generata da una serie di circostanze concomitanti. Da un lato una mia passione di lunga data per il sottobosco cinematografico e musicale dell’Italia anni Sessanta e Settanta, specialmente negli aspetti più legati ad un gusto artigianale, ad una pratica bassa, a volte persino rozza, ma sempre comunque singolare nel modo in cui recepiva (e spesso fraintendeva) gli stimoli provenienti dall’estero. Il cinema popolare dell’epoca, infatti, tenta sovente di tradurre in italiano i generi frequentati soprattutto negli Stati Uniti (il western, l’horror, il thriller) ma nel trapasso da una cultura all’altra avviene questa sorta di mostruosa mutazione genetica, per cui ciò che inizialmente era anglosassone, protestante, spettacolarmente violento diviene d’un tratto italiano, cattolico e perversamente crudele, spesso capovolgendosi di senso. Credo che il fascino (ammetto un po’ malato) del cinema italiano di serie B stia proprio nel modo in cui il genere cinematografico tradizionale viene svuotato del suo contenuto originale e riempito di umori (e malumori) tipicamente nazionali. Allo stesso modo anche in campo musicale è persino inquietante notare con quanta scioltezza e libertà formale venissero accostati i canoni anglo-americani (beat, psichedelia, funk) per rimodellarli su un gusto italiano. E questo accadeva non solo nelle colonne sonore ma anche in quel microcosmo ancora tutto da esplorare che è il fenomeno delle librerie musicali (penso, per citarne solo un paio, ai dischi dei Blue Phantom di Armando Sciascia e del Gruppo Nuova Consonanza alias The Feed-Back).
L’altra grande spinta all’ideazione di Nostra Signora delle Tenebre è stata la constatazione che, almeno per quel che mi riguarda, c’è al momento in Italia abbondanza di proposte musicali interessanti: gruppi che sanno come rapportarsi alla nostra tradizione musicale e sanno altrettanto bene come rubare e strapazzare stimoli che vengono dall’estero. E mi pare molto personale anche il modo in cui le varie bands declinano le proprie fantasie e ossessioni: ciascuna ha creato il suo mondo sonoro e vi si muove dentro a completo agio, si tratti della desolata periferia pasoliniana degli Heroin In Tahiti, del folklore onirico e distorto degli Slumberwood o degli equilibrismi tra rituale cattolico e diabolismo di Father Murphy e Mamuthones. Il progetto è quindi nato dalle fusione di queste suggestioni: fare qualcosa che fosse un omaggio ad un passato non abbastanza celebrato e che funzionasse insieme come vetrina per una serie di artisti ed etichette che in questi ultimi anni hanno fatto piccole grandi cose. Ho parlato del disco con Federico dei Father Murphy, che mi ha aiutato a contattare alcune delle bands che mi interessavano, mentre è stato naturale coinvolgere Jennifer Gentle, Mamuthones, Slumberwood etc visto che ho avuto la fortuna di collaborare con loro già in passato. Per quel che riguarda la scelta dei pezzi in diversi casi li ho proposti io, come è accaduto per Nuda per Satana o Gli ultimi cannibali (brani per i quali ho una specie di venerazione). Altre volte invece lo spunto è venuto direttamente dai musicisti: MAI MAI MAI e Lay Llamas ad esempio hanno scelto appositamente il pezzo da interpretare. Mi è solo dispiaciuto che, per motivi di tempistiche e di scaletta, non c’è stata la possibilità di far partecipare al disco altri gruppi che mi piacciono molto, come In Zaire, Ufomammut o Squadra Omega. Il titolo, infine, è chiaramente un riconoscimento del continuum Thomas De Quincey/Fritz Leiber/Dario Argento, oltre che il tentativo forse un po’ goffo di evocare una figura femminile fantasmatica ed elusiva collocata da qualche parte tra la Madonna cristiana e l’Ecate notturna e pagana".
Valerio Mattioli (Heroin in Tahiti)
Che ispirazione hanno portato le colonne sonore del periodo fine ’60 inizio ’80 nel modo di approcciare e fare musica degli Heroin in Tahiti?
Mah, non saprei. Nel nostro primo disco (Death Surf) c'era un pezzo che abbiamo chiamato per scherzo “Spaghetti Wasteland” perché volevamo fare una cosa surf e alla fine ci sembrava più Morricone (il Morricone dei 60, ovviamente). Da lì, questa cosa ci è rimasta appiccicata a ogni uscita, nel senso che ogni volta che pubblichiamo qualcosa, c'è sempre qualche recensore che fa il parallelo con gli spaghetti western ecc. Il che ci va anche bene, figuriamoci, molte di quelle musiche erano bellissime. Per quanto riguarda le colonne sonore horror, thriller ecc: in tutta onestà, credo che né io né Francesco passiamo le giornate ad ascoltare le musiche dei gialli all'italiana. Però è comunque un campionario di atmosfere che sentiamo in qualche modo vicino, anche per mere affinità “culturali”. Poi alcuni di quei film erano bellissimi: i miei preferiti sono quelli di Bazzoni.
Nella vostra “Musica per Sonorizzazioni”, compilation on line, avevate già provato a stilare una lista di library music italiana, quanto pensi che abbiano contribuito gli autori di quegli anni d’oro a influenzare il panorama underground attuale, la nostra realtà periferica che si è prepotentemente imposta con le più svariate iniziative fino all'ormai iconoclastico festival Thalassa?
Secondo me a “sdoganare” (diciamo così) la library music del periodo 60 e 70 hanno contribuito più che altro musicisti inglesi come i Demdike Stare e il giro della Ghost Box. I Demdike in particolare sono cari amici e ti posso confermare che entrambi sono veramente fissati con le sonorizzazioni italiane, Miles in particolare è un fanatico di Egisto Macchi. Venendo a quello che mi chiedi: credo che ai gruppi che stavano su Borgata Boredom delle libraries non potesse fregare di meno, ma chi lo sa. Per i gruppi del giro Thalassa: eh, dovresti chiedere a loro. Ma la sensazione è in effetti che sì, complice il lavoro dei vari Demdike Stare, le ristampe, ecc ecc, l'interesse per quel tipo di sonorità si sia ampliato, diffuso, e uno ormai lo dà come dato acquisito.
Toni Cutrone (Mai Mai Mai)
Quanto le colonne sonore dei film degli anni ‘70-’80 hanno ispirato il tuo modo di fare musica?
Ho sempre ascoltato colonne sonore fin da piccolo: mi piaceva rivivere le "emozioni" di un film solo attraverso la sua musica. E mi ha sempre intrigato questa connessione tra musica ed immagini. Quel che prova a fare Mai Mai Mai è raccontare un viaggio attraverso musiche, suoni, rumori, voci, ambientazioni sonore: effettivamente si potrebbe dire che si avvicina molto al concetto di colonna sonora... anche se le immagini a cui è legato non sono mai esistite se non dentro di me... Sicuramente mi ha insegnato molto, anche involontariamente, tutto quel background cinematografico italiano... lo considero un mio bagaglio personale. E per questo sono stato molto felice quando mi han chiesto di cimentarmi con una colonna sonora!
Quanto le tue esperienze con NO=FI Recordings e le iniziative di maggiore rilievo svolte nella periferia Est di Roma (Borgata Boredom, Thalassa, e tutte le manifestazioni patrocinate dal tuo circolo Dal Verme) traggono spunto e fermento da una rilettura/rielaborazione delle nostre origini e da una identità comune in ambito artistico?
Ma ti dirò, sono tutte cose venute fuori in modo molto spontaneo e genuino: quasi come se dovessero succedere! E senza troppo pensarci a priori. Tutto molto strutturato e pensato nei minimi particolari e dettagli, sì... ma non mosso da spunti o idee del passato o voglia di riproporre e rielaborare... Facendo così forse ci siamo involontariamente avvicinati a molte situazioni, eventi, iniziative, scene del passato: proprio perché credo che anche queste fossero fondate su un qualcosa di VERO che andava espresso e gestito, strutturato e mostrato. Un qualcosa come BORGATA BOREDOM e la cosiddetta scena di Roma Est non potrebbe essere costruita a priori su modelli del passato: è venuta fuori così! Perchè così era... idem per THALASSA e la Italian Occult Psychedelia. Una delle cose di cui sono più fiero: durante l'ultimo Thalassa, dopo la sua esibizione, Lino Capra Vaccina è venuto da me, felicissimo e soddisfatto, dicendomi: "bravi ragazzi, state facendo le cose per bene davvero. E mi ricordate tanto noi e le nostre avventure negli anni '70!" diciamo allora che la strada è quella giusta!
Alessio Gastaldello (Mamuthones)
Quanto credi possano aver ispirato la tua estetica musicale -in tutto il tuo percorso artistico- le colonne sonore di Autori italiani tra fine anni '60 inizio '80?
Se per ispirato intendiamo un ascolto "consapevole" direi molto poco, niente. Soprattutto negli anni della mia prima formazione (ho ascoltato di certo più i Ramones che Morricone...). Per quanto riguarda invece le affinità, il patrimonio comune, la sensibilità... beh, è tutto un altro discorso, che io allargherei a molti altri aspetti, non solo quello strettamente musicale. Ti faccio alcuni esempi di "presa coscienza" di questo. Quando pubblicai con i Jennifer Gentle "Funny Creatures Lane" uno degli aggettivi che veniva usato più spesso era "felliniano"...io, ammetto l'ignoranza, non avevo visto un film di Fellini. Iniziai e caspita... sì! I Jennifer Gentle erano tremendamente felliniani. Quella deformazione onirica e grottesca della realtà era la nostra. Sempre in quegli anni suonammo per la prima volta a New York e fummo ospiti di Kid Million degli Oneida... volevamo fargli un presente per ringraziarlo dell'ospitalità e capitammo in un negozio audio/video meraviglioso. Tra i libri pescammo un volume, "Eaten Alive", che come dice il titolo raccontava quei film italiani di quegli anni… con un sacco di bellissime foto di scena. Glielo diamo, lo apre, trova la famosissima foto di Cannibal Holocaust con la donna impalata, sbarra gli occhi, ci guarda (forse un po’ disgustato) e ci dice “YOU, ITALIAN, you got to tell me why?!?!?”. Che gli rispondi? Io non ci avevo mai pensato, per me era del tutto “normale” quel mix di violenza, esotismo, ci fosse stata anche una componente religiosa non mi sarei scandalizzato… ma per sensibilità diverse dalla nostra questo è difficile da capire. Questo per dire che certe cose ce le abbiamo dentro, almeno io… e non so perché.
Band italiane come i Mamuthones e Lay Llamas hanno goduto di apprezzamenti importanti in ambito internazionale (gli elogi di un'eminenza grigia delle new psichedelie come Julian Cope) ma soprattutto l'occasione di entrare a far parte di una scuderia prestigiosa come Rocket Recordings, secondo te quanto di ciò che avete portato, quanto della vostra impronta italiana è derivato da un patrimonio comune di radici, cultura e di tradizioni che avete saputo rileggere e disseppellire?
Quando ho iniziato come Mamuthones non avevo alcun progetto, volevo fare una musica primordiale, primitiva, esoterica, religiosa. Ma non mi interessava “studiare” la musica religiosa, rituale… a me interessava svolgere il “mio” rito. Anche il nome della band, evocare tradizioni ancestrali, a qualcuno può sembrare azzardato, superficiale, perfino poco rispettoso e insultante (ho ricevuto messaggi non proprio carini da alcuni sardi) però io sono interessato a quello che posso fare io con la tradizione, non alla tradizione in sé. A me interessa recuperare lo spirito primario, “l’urlo primitivo”, non la storia del folclore, ma il folclore. E credo pure di esserci riuscito… la mia musica è stata utilizzata per un documentario finanziato dalla Regione Sardegna sulla tradizione dei Mamuthones… e per me questo ha significato molto.
Marco Fasolo (Jennifer Gentle)
Quali sono stati gli stimoli e gli input che hai raccolto, nel tuo modo di fare musica, da alcuni dei grandi autori italiani delle colonne sonore anni 60-70 (primi 80)?
La cosa più interessante del cinema (e della musica da cinema) italiani degli anni Sessanta e Settanta è quanto potessero essere allo stesso tempo italiani e internazionali. Il sapore, il gusto sono del tutto nostrani: non c’è possibilità che autori come Fellini o Nino Rota possano essere scambiati perfrancesi o spagnoli. Allo stesso modo, però, la sapienza con cui trattano la propria arte li rende cittadini del mondo. Credo che questa sia stata la lezione più grande da imparare da quel periodo, soprattutto quando veniamo da 20-30 anni in cui la cultura italiana si è essenzialmente contemplata l’ombelico, rendendosi impenetrabile e poco interessante agli occhi stranieri.
Marco, una mia grande curiosità a cui solo te puoi dare la giusta risposta. Spesso viene sostenuto che le grandi lezioni estetiche di autori come Egisto Macchi e Morricone- ma anche di tanti altri con propensioni più spiccate verso la sperimentazione e l’astrattismo-, siano state rivalutate più dall’estero che non nel nostro Paese. Questo può essere vero in termini di diffusione e divulgazione su ampia scala ma non è vero se si va a indagare nei filoni cosiddetti ‘di nicchia’ dove da sempre si è partiti da queste ispirazioni per andare ad esplorare e reimbastire nuovi linguaggi e nuove modalità espressive. Mi riferisco ovviamente ai Jennifer Gentle che sicuramente sono stati precursori, ancor prima delle attenzioni di Julian Cope, dei Demdike Stare, della Ghost Box per certi ripescaggi rivisitati. Tu ravvisi un filo conduttore marcatamente nostrano tra Egisto Macchi (di cui riproponete la visitazione di Chanson de la Nuit) e il fermento di tante realtà attuali del nostro sottobosco? Cosa ci caratterizza, quale è il nostro ‘di più’ a tuo parere che magari può mancare nei panorami musicali di altri paesi? Quali sono le carte vincenti di cui possiamo vantare un’esclusiva e che l’Italia dovrebbe sfoderare, forte del proprio patrimonio culturale?
E’ mia ferma convinzione che tutto questo parlare di declino, di tramonto della cultura e dell’influenza italiane nel mondo non sia altro che una gigantesca scusa per evitare di fare i conti con la nostra pigrizia intellettuale e ripartire daccapo. E’ pacifico che l’Italia ha un patrimonio intellettuale enorme, quasi sempre più apprezzato all’estero che da noi: però è anche vero che tocca a noi rivitalizzare questa tradizione, senza confinarla alla dimensione del museo. Per quel che riguarda me, poi, c’è un gusto visionario, arcano, mostruoso che è del tutto italiano e al quale mi sento particolarmente legato. Parlando di cinema, autori come Fellini, Mario Bava, Dario Argento hanno tutti giocato con l’onirico e il magico, quella indefinibile dimensione tra il sognante, il macabro e il grottesco che è poi la dimensione del fantastico italiano. Chanson de la nuit mi sembra avere tutte queste caratteristiche, l’ho sentita vicina a ciò che mi piace e anche al modo in cui intendo la musica.
Federico Zanatta (Father Murphy)
In che modo riscontri delle influenze - o più precisamente delle ispirazion i- tra gli autori di colonne sonore anni 60 e 70 e il panorama italiano delle nuove psichedelie?
Nel nostro caso specifico non penso che gli autori di colonne sonore degli anni 60 e 70 siano una particolare fonte di influenza o ispirazione. Sono però certo che tanto per gli autori di quegli anni quanto per tutta una serie di produzioni contemporanee ci siano alla base determinati punti in comune. L'attingere ad un certo immaginario che si rifà alla nostra cultura cristiano cattolica. L'assenza/ di speranza o una visione torbida nei confronti del futuro riflessa dalla musica, vista la predilezione della nostra società ad essere gerontocratica, dove tutto è quasi sempre rivolto ad un passato glorioso, perduto, quasi mai all'oggi; dove il futuro non è mai particolarmente contemplato. A mio avviso la peculiarità dell'esperienza delle psichedelie di questi giorni è che nella maggior parte dei casi vanno a comporre colonne sonore per film immaginari, dove la visione della realtà, o una fuga dalla stessa da parte degli autori è affidata a musiche molto evocative. Vedo quindi il lavoro fatto per Nostra Signora delle Tenebre più come un creare un'unione, un parallelo tra queste due esperienze, che un pagare tributo.
Forse la cosa di maggiore suggestione è il modo davvero peculiare con cui i retaggi di forte morale cattolica ci hanno portato a recepire/travisare/filtrare le nuove tendenze musicali, artistiche e culturali, producendo un caratteristico ibrido sacro/profano. Credo che pur nella loro peculiarità e originalità indiscutibile, anche i Father Murphy abbiano rielaborato a modo loro questo tipo di suggestione. Proviamo a mettere a fuoco questo punto, cosa ne pensi?
Sia io che Chiara cantavamo nel coro della Chiesa. A volte ci veniva permesso di esercitarci un po non tanto con l'organo, ma con l'harmonium a pedali che era una presenza fissa in quegli anni nelle chiese. Grazie a Dio le chitarre acustiche ancora non erano permesse, e quindi l'influenza per entrambi più grossa è proprio quella che riconduciamo alla nostra infanzia dove i cori erano accompagnati solo dalla musica dell'organo/harmonium, tranne durante le processioni dove il suono dei passi dei fedeli riproduceva un cadenzare lento. Tutto questo di sicuro lo rivedo in chiave un po' sognante, ma immagina per dei bimbi come possa essere il ritrovarsi di sera, al buio, a camminare lentamente ripetendo litanie, tenendo in mano delle candele, e seguendo la figura onnipotente che per me era quella del sacerdote a quel tempo. Tra quei giorni e il presente si pone l'adolescenza (nel nostro caso forse ancora di più la tarda adolescenza), dove una doverosa spinta nichilista ha provato a lavare via tutto quel bagaglio, spingendoci verso un totale rifiuto, verso l'impossibilità di mediare con il nostro retaggio. Pensavamo fosse impossibile mediare con il vissuto propriamente religioso e la nostra cultura cristiana, dove il rifiuto totale che sentivamo nei confronti della religione avrebbe per forza dovuto riguardare anche il nostro retaggio culturale. Ma nel momento in cui abbiamo deciso di smettere di fare musica solo per il piacere di suonare, ma di provare ad esprimere qualcosa attraverso il suono, a creare una nostra realtà o una nostra visione della stessa, ci siamo resi conto che, eliminata di certo la religione come riferimento, rimaneva comunque un forte senso di religiosità, dove quindi ritornava in diverse forme il retaggio del nostro passato. Diciamo spesso che l'idea dietro a Father Murphy sia quella di trasportare il senso di colpa cattolico al suono: il senso di colpa permea talmente tanto la nostra esperienza umana come singoli ma anche, a nostro avviso, come società, che diventa paradigma di un nostro tentativo di delineare la nostra posizione all'interno del mondo in cui viviamo. Dell'esperienza che andiamo via via maturando nel mentre che, dedicandoci ormai interamente al suono, invecchiamo. E il mix tra sacro e profano diventa sempre più forte dal momento in cui ti stacchi dalla religione stessa e vedi che la nostra cultura si basa sì sulla religione cattolica, ma soprattutto su di un mix tra l'idea di religione e tutta una serie di riti, credenze etc profane e pagane su cui la religione ha dovuto basarsi per poter attecchire. E quindi il senso profano esce in tutta una serie di ritualità prettamente pagane, suggestioni sonore, superstizioni etc... che se riportate in musica diventano ancor più peculiari della nostra esperienza “italiana”. Ed è questo che viene a mio avviso colto come peculiare di alcune band presenti adesso in Italia. E' un po' la forza di questa comunità musicale.
Stefano Isaia (Gianni Giublena Rosacroce)
Che tipo di influenza hai assorbito, nel tuo approccio musicale, dagli autori italiani delle colonne sonore?
Le colonne sonore dei film di serie b hanno da sempre accompagnato la mia formazione musicale. La mia prima band faceva musica surf, in quegli anni ascoltavamo solo le compilation di Jungle Exotica, Las Vegas Grind, Beat at Cinecittà ed eravamo ovviamente influenzati da sonorità morriconiane e dai film di Russ Meyer. A Torino c'era un negozio di dischi divenuto ormai leggendario che si chiamava Verovinile, e lì oltre che rarità musicali potevi comprare anche videocassette usate che andavano dalla commedia erotica all'italiana fino a Mondo Cane passando per i film della Troma. E' in quel negozio che ho cominciato ad approcciarmi anche agli autori italiani, ad apprezzare capolavori musicali come la colonna sonora di Bruno Nicolai per il film Tutti i colori del buio, una delle mie preferite.
In che modo pensi vi sia un filo conduttore tra l'odierna Italian Occult Psychedelia e l'immaginario visionario e creativo che ha caratterizzato la musica per sonorizzazioni tanto rivalutata in questi ultimi anni?
Il fatto che molte band siano tornate o ritornate su certi universi musicali credo sia anche una necessità, e forse un bisogno di riaffermare quanto il cinema italiano del passato sia stato una forte fonte di ispirazione per molteplici forme d'arte.
Antonio Ciarletta (giornalista di Blow Up, autore dell’articolo Italian Occult Psychedelia)
Quanto gli autori italiani delle colonne sonore ‘60-’70 e primi ‘80 hanno influenzato/ispirato l'approccio musicale della scena neo psichedelica che sta prendendo piede da noi e che tu hai ribattezzato come Italian Occult Psychedelia?
Credo abbastanza, basta ascoltare i suoni di certe formazioni dell'Italian Occult Psychedelia per rendersene conto. In qualche caso l'impronta di quell'universo immaginifico/sonoro è riscontrabile addirittura nel nome della formazione stessa. Lasciami però dire una cosa; per come la vedo io, agiscono due livelli diversi influenza: uno più manifesto e dichiarato, relativo all'effettiva passione di alcune delle formazioni dell'Italian Occult Psychedelia per il mondo delle colonne sonore dei film anni Sessanta e Settanta, l'altro più inconscio, concernente l'influsso che quelle musiche, e le relative pellicole, hanno avuto su tutti noi, e quindi anche sui musicisti. Voglio dire, chi di noi da bambino – e mi riferisco sopratutto alla mia generazione di ultratrentenni – non ha mai visto un film di Sergio Leone? Chi di noi non è mai stato rapito dalle musiche di Ennio Morricone? Chi può sfuggire al fascino di Profondo Rosso e dei Goblin? E questo solo per citare i personaggi più noti. Potremmo dire che c'è un citazionismo diretto da una parte, mentre dall'altra agisce un processo di “osmosi inconscia” che ha lasciato sedimentare nel nostro immaginario frammenti di quel mondo. Sintonizzarsi su una tv commerciale nazionale, soprattutto a partire dalla fine degli anni Ottanta, significava imbattersi con una certa frequenza, in special modo in seconda serata o a tarda notte, in una qualsiasi pellicola di Fulci, Bava, o Argento. Per non parlare delle televisioni locali, che in epoca di totale assenza di regolamentazione mandavano in onda di tutto e di più, dai porno-horror ai cannibal movie più estremi di Deodato, D'Amato, Girolami ecc. Ricordo addirittura una tv locale campana trasmettere, in prima serata, il “mitico” Malabimba di Andrea Bianchi. Tempi eroici.
Allora Antonio, cerchiamo di fare il punto sulla nuova realtà dell'Italian Occult Psychedelia, quanto è giusto e quanto è penalizzante, alla luce di tutto quanto abbiamo detto fino a qui, l'accostamento con il passato? Come, secondo te, dovrebbe essere concepito questo ipotetico accostamento per guardare nel modo giusto al futuro, ad un cammino evolutivo comunque in grado di rendere pregnante la propria voce e trovare una propria identificazione?
L'accostamento con il passato è giusto e non è per nulla penalizzante, visto che la quasi totalità dei trend musicali che si sono sviluppati dalla fine degli anni Novanta a oggi non fanno altro che guardare al passato, rimestandolo, rielaborandolo o semplicemente citandolo; e non per questo le musiche che ad essi fanno riferimento devono essere considerate meno interessanti. Anzi, molte di queste musiche sono testimonianza di un fenomeno peculiare del momento che stiamo vivendo, che attiene alla fine o comunque allo stato di avanzata marcescenza del paradigma culturale dominante, il postmoderno. Voglio dire che in attesa di una rottura di paradigma che favorisca la nascita di una nuova temperie filosofica, estetica e, chissà, anche politica e sociale, all'interno di questa fase di postmoderno avanzato e cadaverico continuano a darsi espressioni artistiche che non possono fare altro che guardare indietro, non riuscendo a intravedere alcuna prospettiva evolutiva. In verità segni di cambiamento qua e là si colgono, ma è ancora troppo presto per capire se e come questo cambiamento si concretizzerà e quali saranno le sue conseguenze. Per come la vedo io l'Italian Occult Psychedelia, così come l'Hauntology e in parte anche le musiche afferenti alla New Weird America nei primi anni Zero, sono per l'appunto segni dell'incrinatura di un paradigma che, seppure in crisi, è ancora pervasivo. Quindi, considero i suddetti trend musicali come testimonianza di questo momento di transizione; non è detto debbano evolversi, anzi, credo che probabilmente non si evolveranno, perché l'evoluzione prevede vi sia una strada estetica, valoriale, filosofica tracciata, una strada che al momento non c'è, essendo questa fase della modernità arrivata al suo crepuscolo e non essendosi ancora data una nuova fase.
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