Japan-Rain Tree Crow Spettri, polaroids e tamburi parlanti: 1978-1991
INTRO
In bilico tra glam e synth pop, post-punk ed icone cinesi. Lustrini e decadenze elettro-dandy. Cinque dischi di studio, un memorabile tour ed un'inaspettata hit di stampo elettro-pop. Nel bel mezzo della baraonda musicale degli anni ottanta questo sono stati i Japan.
Lewisham 1969: Batt, Michaelides e Barbieri
E' l'autunno del 1969 e gli undicenni David Alan Batt e Andonis Michaelides frequentano la scuola secondaria di Lewisham, sobborgo a sud di Londra. David è nato a Beckenham, Andonis è di origini cipriota. Il loro percorso scolastico non è dei più prolifici. Ben presto i due amici si trovano accomunati nell'espulsione dall'istituto a causa di comportamenti indisciplinati e a dir poco stravaganti: capelli variopinti, vestiti appariscenti, trucco pesante, insomma tutto ciò che si deve fare per non passare inosservati. Decisamente troppo per il puritano corpo docente di Lewisham. Così all'indomani di questo forzato allontanamento ed in seguito ad una passione comune, nasce nei due ragazzi la strana idea di formare un gruppo musicale completamente autodidatta. David recluta per l'ambizioso progetto il fratellino Steve, batterista in erba di un paio d'anni più giovane; l'abitazione della famiglia Batt diventa ben presto la sala prove finché non arriva l'autorizzazione per poter usufruire di una stanza posta sopra la macelleria del padre di Andonis. Ora se considerassimo David, Steve e Andonis anziché con i propri nomi di battesimo con i reciproci futuri nomi d'arte, David Sylvian, Mick Karn e Steve Jansen, ci renderemmo conto che il trio di ragazzi di cui stiamo parlando altro non è che la fase embrionale di una band che salirà alla ribalta delle scene musicali sul finire del decennio settanta.
E per completare il quadro basterà inserire un talentuoso tastierista di nome Richard Barbieri - studente anche lui a Lewisham nel '69 - e far battezzare il tutto a David con un avventato e provvisorio (ma non sarà così) nome: Japan. E' il 1974 e la band inizia ad esibirsi sui palchi locali; il bassista Karn e il vocalist Sylvian si alternano come front-man propinando un repertorio influenzato dalla musica d'oltreoceano, o ancor meglio dagli artisti della scuderia Tamla Motown (Smokey Robinson e Marvin Gaye su tutti), a loro tanto cari. L'immagine è glam e decadente e malgrado David inizi a imbastire qualcosa di personale gli inizi non sono incoraggianti. Li attendono periodi di pausa e riflessione; le personalità ingombranti dei due amici entrano spesso in contrasto e tutto sembra stentare a decollare. L'anno della svolta per la band è senza ombra di dubbio il 1977. Dopo aver reclutato tramite un'inserzione su Melody Maker il chitarrista Rob Dean, i Japan partecipano e si aggiudicano un concorso dedicato a giovani band emergenti patrocinato dalla Ariola-Hansa, label olandese in vetta alle classifiche mondiali delle vendite discografiche grazie alle hit disco-music dei Boney M. Arriva così la prima sospirata firma di un contratto discografico e, per magia, si aprono le porte di una sala d'incisione per la realizzazione di un primo disco.
Adolescent Sex (Giugno 1978)
Il disco d'esordio dei Japan prende vita sotto la supervisione del produttore inglese Ray Singer e viene distribuito nel marzo 1978. "Adolescent Sex" è il suo seducente e provocatorio titolo; nove brani inediti composti da Sylvian a cui si aggiunge una rivisitazione dalle tinte R'n'R di Don't rain on my parade, brano estratto dal musical Funny girl, che una decina di anni prima aveva decretato la fortuna di una allora esordiente Barbara Streisand. La critica britannica rimane arida di critiche positive nei confronti di questo debut-album (che incontra invece consensi in Giappone e Olanda); a gravare sulle poco lusinghiere recensioni non è tanto lo spessore musicale, inevitabilmente ancora acerbo, quanto i pesanti make-up e le luccicanti mise utilizzate in scene dalla band, che finiscono per divenire fuorvianti elementi che ad una prima e superficiale vista pongono la band in un'ibrida catalogazione di stampo post-punk/glam rock che risulta inevitabilmente deleteria, a causa di raffronti con i mostri sacri del genere (le icone New York Dolls e David Bowie). Aldilà di lustrini, mascara e presunte ambiguità, il primo disco dei Japan è un dignitoso lavoro che si colloca perfettamente nella scena musicale di fine anni settanta rappresentandone simbolicamente quello che è un passaggio di consegne tra i generi che stanno abbandonando la scena (prog, punk e la spensierata discomusic) e quelli che stanno sorgendo all'orizzonte (l'imminente british invasion new wave). E' Transmission a contrassegnare l'apertura di Adolescent Sex: le note di un incantato synth vengono ben presto avvolte dalle suggestive e suadenti evoluzioni vocali di Sylvian, che si rivelano da subito ineluttabile connotato dello stile Japan e indiscutibile punto di forza. L'ossessivo riff funk-rock della chitarra di Dean imprime il suo prezioso marchio nella successiva The Unconventional, palesandosi come altro elemento chiave dell'album. In Wish you were black la sofferta interpretazione di Sylvian sembra rimanere imprigionata tra le corde del basso di Karn e i piatti di Jansen, mentre Performance si presenta in toni decisamente più lievi sorretta dalle evoluzioni delle tastiere di Barbieri. In Lovers on main street, che chiude la prima facciata del vinile, è ancora l'ossessiva chitarra di Dean a segnare il tempo regalandoci uno dei riff più audaci del lavoro. Detto della cover rockeggiante del primo singolo estratto da Adolescent Sex, Don't rain on my parade, la B side continua con Suburban love, storia d'amore raccontata da Sylvian in mezzo ad un intreccio ammaliante improntato sull'anima fredda del sintetizzatore e le trame elettriche della chitarra. I toni aggressivi post-punk della title-track sfociano nel refrain “...whatever gets you through the night”, ipotetico primo titolo dell'album rifiutato dal Hansa ed anticipano le atmosfere frammentate di Communist china, primo approccio della band con quella dimensione orientale, fondamentale elemento nei progetti futuri. Television segna la degna conclusione di Adolescent Sex; la linea di basso di Karn fa da spartiacque in un refrain tentennante tra funk e hard. Notevole il crescendo finale in cui Sylvian abbandona il suo cantato misurato e supportato da chitarra e synth sembra volgere ad un vero e proprio delirio musicale.
Obscure Alternatives (Ottobre 1978)
Dopo il debut album è lecito affermare che i Japan non sono stati profeti in patria; la stampa li ha decisamente bistrattati ed il disco ha venduto pochissime copie. Ben diversa però è stata la sorta per Adolescent Sex nella terra del sol levante; solo a Tokyo la band è stata ripetutamente sorretta nelle proprie performances live da centinaia di ragazzi. Magliette, gadgets e lo storico Budokan riempito più volte per ammirare Sylvian e compagni esibirsi sul palco. Così che a distanza di pochissimi mesi la band ritorna in sala d'incisione per registrare Obscure alternatives ancora sotto la regia di Singer. Il biondo vocalist firma la track-list completa del disco; otto brani e un progetto che appare decisamente più maturo anche se per certi versi ancora troppo scollato. Il suono arrembante della chitarra di Dean caratterizza la track di apertura Automatic gun. Sonorità solari cadenzate dal drumming di Jansen in ritmica reggae (quasi un proto dub) caratterizzano Rhodesia e distano anni luci da Love is infectous, traccia numero tre del vinile in odor post-punk, che anticipa Sometimes I feel so low, chiusura di facciata caratterizzata da cori (a cui non si sottrae di partecipare Singer) e dal martellio ossessivo delle tastiere di Barbieri. Gli ossessivi giri di basso e chitarra accompagnati da un cantato lamentoso ed incalzante, fanno precipitare la title track in dimensioni ansiogene e claustrofobiche, mentre in Deviation tengono banco le ritmiche quasi ossessive delle chitarre distorte. Suburban Berlin è una dedica (nemmeno più di tanto celata) a Bowie e alla sua esperienza in terra di Germania (il periodo "Low"). Il fretless di Karn impone un passo regolare alla traccia che viene interrotto dalle aperture vocali di Sylvian e dalle nenie pianistiche di Barbieri. I sette minuti della conclusiva traccia strumentale The tenant ci regalano la prima di Karn al sax; le atmosfere rarefatte intinte nel malinconico tocco di piano di Sylvian sono un primo segnale di svolta, verso una direzione che approderà nei progetti a venire in dimensioni sonore oblique dal gusto sperimentale.
Life in Tokyo – 12” (Aprile 1979)
Nasce da un incontro casuale in una sala di registrazione di Los Angeles nella primavera del 1979 la collaborazione tra i Japan e Giorgio Moroder, compositore e arrangiatore altoatesino. Di stanza da diversi anni in Baviera, Moroder sta attraversando un periodo di assoluto prestigio in quanto primo artefice di numerose hit del momento che svariano dall'elettro-dance degli Sparks alla disco di Donna Summer fino a indimenticabili soundtrack ("Midnight Express"). Il connubio partorisce un'unica ed ibrida composizione, Life in Tokyo, che risulta figlia dei pesanti sequencer di Moroder e delle rivendicazioni elettro pop-rock di Sylvian e soci; a posteriori inserire il brano nella allora nascente corrente new romantic non sarebbe poi così errato, soprattutto in virtù di quelle che saranno le proposte musicali a venire di band di genere come Duran Duran e Visage. L'ennesima diversione stilistica getta ulteriori scompiglio su quelle che sono le reali velleità artistiche dei cinque ragazzi londinesi finendo per spiazzare di nuovo chi vorrebbe inserire i Japan in una casella definita dello scacchiere musicale. Il 12” "Life in Tokyo" non riscontra particolare successo al momento della sua uscita anche se conoscerà una seconda stagione di fama negli anni a seguire, quando all'apice della notorietà della band sarà rispolverato, e come uso fare negli ottanta, riproposto manipolato con abili remix.
Quiet life (Dicembre 1979)
La scelta di affidarsi alle prestazioni di John Punter, già ingegnere del suono e produttore di progetti legati ai Roxy Music e ai Procol Harum, lascia intuire che il terzo lavoro dei Japan nasce alla luce del tentativo (riuscito) di abbandonare tutte quelle reminiscenze punk e glam degli esordi per abbracciare sonorità decisamente volte all'art rock e all'elettronica. Il look risulta ancora estremamente colorato e bizzarro anche se il glamour di fondo s'impasta con un elegante modo di vestire donandoci l'immagine precisa ed ordinata di cinque variopinti dandy. Quiet life accende un primo sospirato interesse nella critica d'oltremanica malgrado gli immancabili raffronti ingombranti con i vari Ferry e Bowie. E se Sylvian compone tutte le tracce del disco ad eccezione di All tomorrow's parties, rilettura di uno dei cavalli di battaglia dei Velvet Underground di Lou Reed, Mick Karn mette in luce solenni giri di basso e lodevoli intermezzi ai fiati. Le avvolgenti evoluzioni del synth di Barbieri dominano la scena nella title track, incalzante capitolo di apertura del disco destinato nel tempo a divenire uno dei brani-manifesto della band. Fall in love with me si affida agli accordi elettrici di Dean e ad una intonazione sylvianiana meno sofferta ed impostata del solito. Uno degli episodi più significativi di Quiet life è senza ombra di dubbio Despair; in cui Sylvian si diletta in una condensata lirica in lingua francese immersa in un'atmosfera pervasa da malinconici rintocchi di tasti e piangenti note di sax. Un'anticipazione di quelle che saranno le future prerogative artistiche dell'ossigenato vocalist a cavallo tra ambient e sperimental. In vogue, contrassegnata dal fretless risolto ed appiccicoso del basso di Mick Karn chiude la side A. Riapre sull'altro lato Halloween brano in perfetta sintonia con la linea new wave del disco mentre decisamente di classe risulta essere il già citato remake del successo di Nico All tomorrow's parties. In una dimensione dondolante tra fiati e sospesi suoni di tastiere Sylvian offre un'interpretazione dai tratti malinconici e sognanti rivestendo il brano di nuova luce emotiva. L'incalzante scambio reciproco di posto tra sax e chitarra caratterizza l'assorta Alien. Nella conclusiva The other side of life esplode la carica passionale e decadente di Sylvian, a suo agio in dimensioni inquiete e desolate. E poco importa se la stampa, soprattutto quella americana, continua a considerare David solo ed esclusivamente per la sua immagine e non per la sua arte musicale, arrivando persino ad eleggerlo l'uomo più bello del mondo. La crescita artistica che sta maturando è sotto gli occhi di tutti. Quiet life chiude mestamente il connubio Japan/Ariola-Hansa; la tanto agognata consacrazione non arriva nemmeno a questo giro e la label olandese sospende qualsiasi tipo di sostentamento artistico nei confronti della band. Ma dietro l'angolo c'è già pronto ad attendere un contratto con la Virgin.
Gentlemen Take Polaroids (Novembre 1980)
Un pallido make-up al riparo dalla pioggia emerge dalla gocciolante copertina, facendo acquisire al bel David le sembianze di un vampiro moderno, elegante e decadente. E' il primo disco dei Japan pubblicato dalla Virgin e prodotto da John Punter. Atmosfere rarefatte e raffinate hanno preso il sopravvento sulle forti tinte glam. "Gentlemen take Polaroids" risulta un collage di istantanee dense di emozioni, una naturale evoluzione di Quiet life. Le esperienze precedenti nella terra del Sol Levante hanno permesso alla band il contatto con artisti locali estroversi ed alternativi quali Ippu Do, Akiko Yano e in particolar modo con Ryūichi Sakamoto, mente della Yellow Magic Orchestra, compositore ed assoluto sperimentatore. Quello con Sakamoto si rileverà un incontro chiave per le future svolte artistiche di Sylvian. Il maestro nipponico offre la preziosa collaborazione nella realizzazione della title-track e del brano di chiusura Taking islands in Africa arricchendo il quarto album dei Japan con sonorità a metà tra le melodie tradizionali orientali e la fredda elettronica di stampo europeo. Lo Swing convulso e particolarmente effervescente della seconda traccia risulta in totale contrapposizione con l'episodio successivo, la solenne e lamentosa Burning bridges, espressiva esaltazione delle malinconiche liriche di Sylvian e dell'altrettanto austero synth del prode Barbieri. My new career è un'ennesima cavalcata sugli appiccicosi tocchi di basso di Karn; l'ouverture della B side spetta a Methods of dance ritmata performance art-rock, farcita da sax e xilofono, che rimanda ad atmosfere tanto care ai Roxy di Ferry. Decisamente ottima la rivisitazione di Ain't that peculiar, successo di Marvin Gaye, nella quale l'interpretazione sofferta di Sylvian fa da sostegno all'altalenante arrangiamento tribale che snatura il brano dalla matrice R&B di appartenenza. Nightporter è un viaggio nei pensieri della notte raccontati attraverso la pacata tristezza del timbro inferto da Sylvian e i rintocchi di un solitario pianoforte; e sarà anche grazie a quest'ultima traccia che Gentlemen take Polaroids riceverà consensi dalla critica ed otterrà discrete vendite. Si, discrete vendite, proprio adesso che l'Hansa ha sbattuto la porta in faccia ad i Japan e li ha allontanati in malo modo. L'etichetta olandese non ci sta a mollare l'osso alla Virgin dopo aver contribuito alla crescita musicale di quei ragazzi londinesi e inizia a catapultare sul mercato singoli e soprattutto remix delle prime realizzazioni. Life in Tokyo torna in auge, ottenendo il successo mancato in prima battuta così come risultano ottime le vendite della ristampa di Quiet Life e l'antologia "Assemblage" (settembre 1981). La presenza simultanea su piazza di materiale nuovo e vecchio, inizialmente rischia di annebbiare le idee ai fans della band sulle reali convinzioni musicali della band ma poi finisce per essere un'enorme cassa di risonanza, decretando i Japan come una delle più interessanti realtà musicali britanniche di inizio anni ottanta.
Tin Drum (Dicembre 1981)
La faccia di Mao, da una foto sgualcita appesa ad una parete, sembra osservare divertita un occhialuto Sylvian alle prese con una coppia di chopstick e una ciotola di riso. Già dall'immagine di copertina, rigorosamente in bianco e nero, "Tin drum" appare una sorta di contaminazione tra occidente e sol levante. Suoni elettronici e ritmi orientali: la doppia faccia di un progetto ambizioso, l'apice creativo di Sylvian e soci. L'apporto delle chitarre in Gentlemen take Polaroids era stato indubbiamente blando; il nuovo percorso musicale dei Japan sta penalizzando eccessivamente le prestazioni di Rob Dean, non più fondamentale, nell'economia delle ritmiche della band, come ai tempi di Adolescent Sex o Obscure alternatives. Tale constatazione suggerisce al pacifico Dean di salutare il resto della comitiva e intraprendere nuove avventure musicali, da prima oltreoceano con la formazione dei Vivabeat ed in seguito, ritornato in terra madre, con Gary Numan e Sinead O'Connors. L'originale line-up a cinque elementi perde un pezzo fondamentale per strada, ma l'intuizione di Dean risulta azzeccata. Il quinto lavoro costruito sulle percussioni di Jansen e il fretless di Karn non avrebbe mai e poi mai concesso spazio alle evoluzioni del suo strumento. The art of parties apre il disco avanzando sui frenetici rintocchi tribali delle percussioni di Jansen, immerse in esotiche partiture interrotte e dominate da un ossessivo refrain. L'arrangiamento della successiva Talking drum fa leva su Karn, il quale imprime con il suo strumento un andamento singhiozzante, fortemente frammentato, dettando le entrate in scena della voce di Sylvian. Ghosts è a tutti gli effetti il manifesto del disco, nonostante la sua struttura di brano appaia articolata e disarmonica; l'interpretazione di Sylvian è un lamento che guida in un viaggio onirico tra spettri e fantasmi, nel quale la totale assenza di batteria e le evoluzioni sibilate del synth di Barbieri contribuiscono ad addensare quella coltre di nebbia e angoscia unici. David getta definitivamente le basi per quella che sarà la sua produzione da solista, intimista e raffinata. Un brano come Ghosts rappresenta nella tracklist di Tin Drum un vero e proprio e spiazzamento; quando termina ed inizia la quarta traccia Canton potrebbe sorgere il dubbio che qualcuno nel frattempo abbia cambiato il disco sul piatto; l'atmosfera si rasserena, ed i toni della composizione totalmente strumentale ci proiettano in mezzo ad una festa popolare nel Guangdong. Elettronica ed estremo oriente. Still life in mobile homes apre con i suoi controtempi dalle sfumature esotiche la side B. Visions of China è una danza scandita dal fretless di Karn, una sorta di balletto tribale con un ritornello melodioso e orecchiabile. L'etereo vocalizzo di Sylvian in Sons of pioneers viene sorretto dalla ritmica incalzante del basso di Karn, trasportandoci in un'atmosfera che ha il sapore di un'immaginaria tappa di avvicinamento ad una sospirata meta. Il filo conduttore elettro-cinese porta all'epilogo Cantonese boy, degno capitolo di chiusura di questo fantastico viaggio esotico, che finalmente inserisce i Japan nell'élite di quei gruppi sospesi tra art-rock e new wave, che hanno tutte le carte in regola per far parlare di loro nei tempi a seguire.
Oil On Canvas- Live (Maggio1983)
Personalità ingombranti, ambizioni di protagonismo, e dulcis in fundo anche l'amore per una stessa ragazza. Dopo aver vissuto insieme anni di gavetta densi di delusioni e sacrifici, proprio adesso che potrebbero iniziare ad assaporare il dolce sapore del successo, Mick e David si rendono conto che lo spazio all'interno della band va stretto ad entrambi. La celebrità ha finito per accentuare certe tensioni tra loro: il biondo front-man, oltre a comporre e scrivere tutti i brani, catalizza inequivocabilmente tutte le attenzioni del pubblico su di sé relegando alla figura di “semplici gregari” da palcoscenico il resto della band; Karn non accetta il ruolo di comprimario. E' un ottimo bassista, innegabilmente dotato, tra i migliori in circolazione. E poi non perdona all'amico di avergli soffiato la ragazza (Yuka Fujii). Così all'indomani di Tin Drum, nel giugno 1982 nel corso dei preparativi del tour mondiale della band, da un lato Sylvian raccoglie consensi con "Bamboo houses", primo lavoro da solista - con l'indispensabile Sakamoto a sostegno – e dall'altro Karn registra l'album "Titles" negli AIR Studios londinesi. I segnali sono espliciti: il tour parte con l'assoluta consapevolezza che sarà l'ultima occasione per veder insieme sul palco questi musicisti. In mancanza di un chitarrista “di ruolo” viene reclutato l'amico e leader del trio tecno-pop nipponico Ippu Do, Masami Tsuchyia. Le sei serate di sold-out all'Hammersmith Odeon di Londra, nel novembre 1982, chiudono trionfalmente le date dell'itinerario europeo del tour; i musicisti non mancano di farsi apprezzare grazie ad esibizioni tecnicamente inappuntabili ed uno spettacolo essenziale e concreto. Un mese dopo, il 16 dicembre 1982, cala definitivamente il sipario sulla storia dei Japan in occasione del concerto di Nagoya in Giappone. Fine del tour, fine dei Japan. Nella primavera dell'anno seguente la Virgin raccoglie le registrazioni dell'ultimo esibizione in terra britannica e pubblica un album doppio; oltre alle tappe discografiche significative della band. "Oil on Canvas" include tre nuove tracce interamente strumentali (la intro title-track, Voices raised in welcome, hands held in prayer e Temple of dawn). La scelta dell'immagine di copertina ricade su “Head of J.Y.M.”, dipinto del pittore Frank Auerbach, su espressa volontà di Sylvian, estimatore dell'artista di origini tedesche.
Rain Tree Crow (Aprile 1991)
Oil on Canvas è il canto del cigno; una memorabile testimonianza di ciò che sono stati i Japan nel palinsesto della musica mondiale degli anni ottanta; ma già dai primi mesi del 1983 la band non esiste più. La Virgin nel ottobre del 1984 distribuisce "Exorcising ghosts", un doppio vinile in cui sono raccolte tracce del periodo 1980-1983, inclusa qualche B-Side non inclusa in nessun album. Adesso sono i vari progetti da solista ad impegnare Sylvian, Karn, Jansen e Barbieri. I quattro non si perdono mai di vista e continueranno anche in seguito a collaborare tra loro. E nel mezzo di progetti come "The waking hour" (Karn con Murphy dei Bauhaus), "Catch the fall" (Jansen e Barbieri), "Plight and premonition" (Sylvian con il leader dei Can, Holger Czukay), trovano spazio collaborazioni come quella di Sylvian con Karn ("The dream of reason produce monsters") o quelle di Barbieri e Jansen per gli album "Gone to earth" e "Secrets of the beehive" di Sylvian stesso. Nel settembre 1989, a circa sette anni dal concerto di Nagoya, i quattro musicisti si ritrovano in sala d'incisione per realizzare un nuovo progetto, di fatto una reunion temporanea sotto la guida artistica di Sylvian. Nasce così "Rain Tree Crow", disco ben eseguito, che risente inevitabilmente dell'influenza sylvaniana nella sua atmosfera sperimentale e nella sua carica di improvvisazione. Musicalmente il risultato è lontanissimo dalle produzioni di inizio decennio della band. Così al momento della pubblicazione viene deciso di non utilizzare il nome Japan – anche se inizialmente gli accordi con la Virgin si dice fossero stati ben altri – intitolando disco e progetto nello stesso modo e negando di fatto la ripresa di un discorso musicale interrotto anni prima. Rain Tree Crow viene accolto positivamente dai fan di vecchia data, anche se finisce per rimanere un episodio isolato, una sorta di inaspettato epilogo. L'ultima opportunità per sentire suonare di nuovo insieme i Japan di Sylvian e Karn.
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