Madkin Perdone La Molestia
Serena Jejè Pedullà, Giuseppe Raffaele, Riccardo Rea ed El Pais, ovvero i Madkin, iniziano la loro attività ufficialmente nel 2007: nel 2009 Riccardo Rea lascia e subentra Flavio Gamboni. Dopo un ep d’esordio nel 2008 “Resig(nation)” e fattisi le ossa sui palchi italiani – vantano anche una partecipazione alla trasmissione “Sala Prove” su Rock Tv e la composizione della cazzuta soundtrack per lo short road movie “Nikotina” - le nostre 4 anime perdute fanno uscire nel novembre 2011 il loro primo disco “Perdone la molestia”. Il titolo sarcastico, scusi il disturbo, ancora piu’ enfatizzato dall’uso della lingua spagnola, la copertina molto dark con una figura avvolta nella nebbia senza testa ed intorno un paesaggio desolante, ci fanno intuire il mondo visto dai Madkin. 12 tracce, 12 storie tra l’onirico (incubo?) ed il reale, talmente complicate da non distinguere più la realtà. Leggere i loro testi poi è come fare un viaggio a Silent Hill. Alienazione, disagio, tristezza, malinconia ma anche amore e speranza.
Gia’ dal primo brano Bathtub Monologue qualcosa mi prende allo stomaco ed è come se tornassi indietro di vent’anni, all’epoca d’oro del grunge, l’ultimo colpo di coda della musica rock prima di cadere nell’oblio che ancora oggi pervade le nostre orecchie. Ecco, i Madkin si muovono su quella linea, in particolare rivelano affinità con gli immensi Alice In Chains. Tra le mie songs preferite la già citata Bathtub Monologue, poi Speding Bullett tra White Zombie, Monster Magnet e Kyuss, la dolcissima e malinconica Orange Millagres, ma tutto il disco è degno di nota. Il fantasma di Layne Staley aleggia in tutto questo disco, che finisce con lo psicotico grunge Room 87, e mi fa sentire come un alieno caduto per sbaglio su questo mondo che va in rovina. Ma tutto ciò non deve essere interpretato necessariamente come una cosa negativa: come dicono anche i Madkin l’alienazione in questo caso fa bene e dà valore alla vita, rafforza come succede ai protagonisti delle loro malinconiche storie, facendoti vivere meglio in situazioni tra il reale ed il surreale. Ma da Silent Hill non si torna indietro.
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