Altieri / Balestrazzi / Becuzzi IN MEMORIAM DI J.B.BALLARD
La sperimentazione elettronica è una specie di autoanalisi sofferta in cui l’essere umano sfida e si mette a confronto con i propri fantasmi. In essa si fa convergere la parte alienata e schizoide di una società stridente e vorticosa, vittima del caos e dello smarrimento e perennemente incapace di riconciliarsi con l’armonia. Certamente non sempre può rivelarsi un piacere stendersi su un divano e coccolare i propri sensi mettendo su un disco così, quello che si richiede come condizione cautelativa al fruitore è sempre la voglia di aprire un’indagine interiore, di stabilire una connessione percettiva capace di coniugare visionarietà e sensorialità, lasciandosi liberi di galleggiare e interpretare la serie innumerevole di stati d’animo che ci attraversano. Ecco allora che la sfida della post-modernità ci impone di selezionare l’infinità dei simboli feticcio e di scorie contaminanti che ci bombardano da ciò che è la nostra identità, il nostro spazio interiore da mantenere autentico.
La musica avanguardistica di artisti come Corrado Altieri, Simon Balestrazzi e Gianluca Becuzzi si è cimentata con il suono e con le sue potenzialità, riuscendo a dare un’impronta profondamente umana e personale al più marziale e vasto catalogo di frequenze e interferenze prodotto dalle macchine. Decomposizione e stratificazione che ha permesso a questi tre personaggi di dialogare attraverso il suono per metter in atto i più disparati racconti surreali della psiche; di comunicare attraverso di esso. Omaggiare uno scrittore fantascientifico come James Graham Ballard che, da sempre, in modo macabro e paradossale, ha evidenziato la profonda discrepanza tra realtà esterna e percezione interiore, significa ancora una volta provare ad innalzare un brandello di reazionarietà a ciò che dall’esterno tenta di dominarci e sopraffarci.
Penetrare le asperità, tentare di riconvertire il groviglio rumoristico, attuare una lotta che seppure impari riesca a far fuoriuscire un minimo di essenza umana è forse l’obiettivo che più accomuna lo scrittore di origini britanniche e i tre musicisti in questione. Fantascienza e musica diventano semplicemente mezzi di conoscenza. The Drowned World enfatizza molto bene l’ambientazione liquida del romanzo, l’idea di deriva apatica, di ricerca spazio temporale di identità che diventa svogliata e distorta fino ad essere sopraffatta dalla contingenza e dilagare in abissi di lugubre silenzio. Crash con i suoi riverberi inquietanti, la serie di sibilii urticanti e distorti, traccia la forzatura paradossale dell’incontro tra linguaggi differenti, il senso di abrasione che ne esce tentando una reciproca contaminazione.
I nove episodi del disco riescono ad evocare in modo verosimile le atmosfere grigie e catastrofiche dei peggiori incubi urbani post industriali, la perdizione e l’annichilimento di chi precipita in un futuro asfittico e claustrofobico senza più saper riannodare i legami con le origini e con il senso di sé. The atrocity exibition è un collage di frenesie noise, una serie sfavillante di schegge impazzite, specchi frantumati che restituiscono proiezioni distorte. Ossessioni, violenza, imperturbabile glacialità, tutto riporta alle psicosi ballardiane. Battiti primordiali, fruscii, vibrazioni incalzanti, tutto contribuisce a non lasciar intravedere nessuno spiraglio, ad uniformare le emozioni finendo per creare asetticità: praticamente passato e futuro perdono spessore e l’uomo odierno è senza aspettative, spettro di se stesso che non riesce più nemmeno a spaventarsi della propria mostruosità.
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