Dick Dale L’ultima onda
1937 - 2019
Con gli occhi ancora lucidi per la scomparsa, l'11 marzo scorso, di Hal Blaine, batterista assoluto responsabile della ritmica nelle produzioni musicali di Phil Spector note col marchio di "the wall of sound" (esplicativi i colpi secchi e cadenzati di batteria nell'intro di Be My Baby delle Ronettes), presente in un'infinità di registrazioni di musicisti quali Beach Boys, Elvis Presley, Simon & Garfunkel e altri, perfino Frank Sinatra e Sergio Mendes, ecco che arriva una botta ancora più forte: è morto Dick Dale! Richard Anthony Monsour, questo il suo vero nome, se n'è andato a 82 anni, il 16 marzo appena trascorso, cavalcando la sua ultima onda. Dick Dale è stato uno dei più influenti e creativi chitarristi elettrici di ogni tempo, attivo dai primi anni '60. Jimi Hendrix andava pazzo per lui, ne metabolizzò tutta la tecnica (erano entrambi mancini) e questo dovrebbe già bastare per comprendere lo status elevato di questo artista. Dick resta nella storia della musica pop come "king of the surf guitar", e sembra ingiusto [ri]citare ancora una volta la pellicola “Pulp Fiction” per far intendere ai più chi fosse e quale potenza oceanica sgorgasse fuori dalla sua chitarra.
Come si apriva il film di Tarantino? Due rapinatori fidanzatini seduti in un fast food, tra moine e sbaciucchiamenti d'improvviso balzano sui tavolini e... fuori i soldi! In quel punto preciso partono i titoli di testa e nelle nostre orecchie è smitragliata Misirlou, il pezzo surf rivoluzionario di Dick Dale, e da quel momento niente fu più potente (Quentin ci vide giusto). Inventore e massimo esponente/esecutore di surf-rock strumentale (sull'altro piatto della bilancia gli imperatori del vocal-surf, i Beach Boys, ma con peculiarità e finalità diverse), Dick iniziò a smanettare con gli amplificatori Fender (fulminandone diversi, incluso il primo ampli da 100 watt mai costruito) e con le sue splendide chitarre Stratocaster, tutte elettroniche costruite dall'amico e ammiratore Leo Fender, il quale elaborava innovazioni costruttive ricavate dalla potente tecnica di Dick.
Fondamentali, però, restano gli effetti applicati da Dick alle sue chitarre, come il "tremolo", ma soprattutto quel "riverbero" che emulava così efficacemente la risacca marina e che affascinò subito i surfisti, delineando di colpo i precisi ambiti dell'iconografia surf, con quell'effetto chitarristico che li riportava tutti in cima alle onde marine. Parlando di "surf-music", si trattava in realtà di un sottogenere musicale derivato dalla musica strumentale della seconda metà degli anni '50. Instro-bands quali Champs, Ventures, Fireballs, chitarristi e batteristi quali Duane Eddy e Sandy Nelson, insieme ad altri numerosi musicisti avevano già creato un sound non cantato ma perfetto per i giovani di quegli anni. Serviva, però, un suono nuovo e diverso, ben distinto e aggregante. Serviva una musica generazionale. Con la pubblicazione dei singoli di Dick Dale and The Del-Tones esplode così questa variante sonora innovativa che si manifestò, più che altro, come un mo[vi]mento (luogo/azione) generazionale circoscritto per quei giovani californiani che solo pochi anni dopo si sarebbero abbandonati ai dischi garage/beat/folk e acid-rock per trasformarsi, alla fine dei '60, nel grande popolo hippie. Una moda totalizzante, quella della surf-mania (sport/musica/adolescenza) di breve durata ma di grande energia.
Dick Dale viene "prima" dei Beach Boys, prima di tutti i chitarristi 'definitivi' quali Page, Clapton, Hendrix, etc. Viene prima di tutti! I Beach Boys, giustamente considerati emblemi assoluti della musica surf (ma vocale), pur partendo dal medesimo quadrilatero ispiratore "onde-spiagge-auto-ragazze", in realtà intrapresero ben presto percorsi compositivi più autoriali che tecnico-strumentali (il monumentale “Pet Sounds” del 1966 ne è la riprova). L'iconografia del mondo dei surfisti californiani era comunque già ampiamente sviluppata alla fine degli anni '50, ma non ancora messa a fuoco. Le spiagge californiane gemellate idealmente con quelle hawaiane avevano già il loro mondo, i loro idoli sportivi, eppure mancava un suono che ne delineasse i contorni in modo netto. Qualunque movimento socio-culturale giovanile, dal dopoguerra in poi, ha sempre avuto la sua musica, e il mondo dei surfisti ancora ne era privo.
Nel 1959, come prova di un realtà generazionale già viva e in fermento, sebbene in questo caso limitata alla California, arrivò nei drive-in un piccolo film adolescenziale, “Gidget” (“I Cavalloni”, di Paul Wendkos), interpretato dalla sedicenne Sandra Dee (nella foto, tra James Darren e Cliff Robertson), figlia "moderatamente irrequieta" di una tipica famiglia americana, quella tipica dell'american way of life. Sandra, ancora troppo giovane, ingenua e impacciata, sulla sabbia californiana entra in contatto con il mondo dei surfisti, tra falò notturni e dolci schitarrate, tra sciabordii di onde e misteriose figure pre-hippie, come The Kahuna, il fabbricante artigiano di tavole da surf che vive in una capanna sulla spiaggia (interpretato da Cliff Robertson). Questa pellicola adolescenziale dimostrò come, ancora nel 1959, non esistesse una connotazione musicale precisa in ambito surf, e sarà dunque Dick Dale con i suoi Del-Tones a dipingere i primi tratti di quelle estati 'che non finivano mai'.
Improvvisamente nel 1961 arriva nelle radio locali e nei juke-box il singolo Let's Go Trippin'. Le suggestioni marine sono già molto vicine ma è nel '62 con Misirlou che la surf-mania esplode. Quella chitarra riverberata, l'attacco da infarto, l'evidente richiamo al frangersi delle onde, a volte gigantesche, dell'Oceano Pacifico, aprono le porte alla breve ma intensa e ormonale epopea surf. A vagonate arrivano bands strumentali dai nomi più esotici: Pyramids, Astronauts, Centurions, Tornadoes, etc. Molti sono, infatti, i contatti dell'immaginario surf californiano con la cultura "Exotica" nata nei '50 in U.S.A. grazie al magazine National Geographic che consentiva audaci viaggi in terre inesplorate pur restando comodamente seduti in poltrona a casa. Dick, poi, era sensibile a queste suggestioni esotiche forse anche a causa delle sue radici (famiglia di origini bielorusse, libanesi e polacche). Tra imponenti statue Tiki, il dio polinesiano della fertilità, attraenti ragazze in costume hawaiiano danzanti la Hula e ambienti popolati e sonorizzati da tucani, pavoni, cobra e scimmiette, la leggerezza dei contenuti surf, che in qualunque altro contesto giovanile sarebbe apparsa un limite sulle spiagge di Malibu e Santa Monica era invece essenza di vita.
Dick Dale, surfista egli stesso, fu padre ispiratore di tutta questa iconografia che avrebbe trovato il suo canto del cigno nello splendido e malinconico “The Endless Summer”, un lungometraggio tra documentario e reportage girato da Bruce Brown nel 1966, narrante la storia di due surfisti che viaggiano tra le spiagge dell'Australia, della Nuova Zelanda, Tahiti e Hawaii fino in Sud Africa, Senegal e Nigeria alla ricerca della "big wave", l'onda perfetta, quella tanto attesa nel film "The Big Wednesday" (1978, "Un Mercoledì da Leoni”), splendido film di John Milius che contrapponeva, in modo spietato, la spensieratezza di alcuni giovani surfisti con la tragica realtà del Vietnam. Per questo film ricordiamo l'attore protagonista Jan-Michael Vincent, anche lui purtroppo recentemente scomparso. Dick Dale, surfista chitarrista, ha sintetizzato il "rumore dello sport", la musica strumentale e la creatività chitarristica in uno stile sonoro unico, e mare e musica mai più sarebbero stati così uniti. Ma quel che conta di più è l'eredità e l'influenza tecnico-strumentale che Dick Dale ha lasciato in eredità ai grandi chitarristi che lo seguirono dai '60 in poi. Ride the Wild Surf, Dick!
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