Long Gone Drowned
Il mondo è un posto incomprensibile e angosciante, è facile smarrirsi e trovarsi perduti, lo comprendiamo già dalla copertina, l’immagine rovesciata di una strada al tramonto, le nuvole scure e rossastre in basso hanno un che di minaccioso, mentre le case sono ormai invase da un buio cupo e ben poco rassicurante. Se poi iniziamo ad ascoltare "Drowned", il nuovo disco dei Long Gone, queste nostre sensazioni vengono confermate, la voce in Losing One esce estenuata, sfibrata mentre le chitarre sottolineano il senso di smarrimento, di dramma imminente che si profila all’orizzonte, e così siamo immersi completamente nelle atmosfere inquiete di un disco che stilisticamente si muove fra post rock, slowcore e shoegaze. La band nasce a Milano e questo è il secondo lavoro dopo l’esordio avvenuto nel lontano 2017, ma “Drowned” è in antitesi a una città che fa della velocità e della corsa contro il tempo la sua mitologia, al contrario le movenze sono lente, il tempo si dilata, How Long? chiede il titolo di una canzone in cui la realtà è così torbida che non rimane altro che «we fire our hopes in the stars». Fra le altre canzoni, ben dodici, segnaliamo lo stordente slowcore di Lost In Confusion nella quale ci perdiamo nella rarefatta atmosfera da sogno slabbrato, con il canto struggente e monocorde a immergerci in una disarmante tristezza, il post rock di Slow Decay innervato da una solida batteria, mentre le chitarre spargono note stranianti, l’ipnotica Reap Me Back e la spettrale Gettin’ Cold. Già un disco che fa della lentezza il suo stile ci fa simpatia, a questo aggiungiamo che ci troviamo davanti a una raccolta di canzoni di buon livello, in grado di catturare la nostra attenzione e di farla viaggiare lungo sentieri fatti di dolcezza, malinconia e irrequietezza.
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