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20 Luglio 2024

Calexico – Pistoia Blues 4 luglio 2024, Calexico, Pistoia, Fortezza di Santa Barbara


Tutto esaurito per il concerto della band di Tucson che ha aperto il Pistoia Blues 2024. I Calexico sono sicura garanzia di qualità con più di un quarto di secolo di attività durante i quali hanno ormai costruito un solido rapporto col nostro Paese verso il quale più volte Joey Burns ha voluto ribadire dal palco il suo incondizionato amore, testimoniato anche dai numerosi tour effettuati nella penisola e alle collaborazioni con musicisti di casa nostra come Vinicio Capossela, Insomma ci sono tutte le premesse per una bella serata: suggestiva seppur spartana location, niente birre né merchandising, ma in compenso bagni dignitosi, temperatura gradevole, pubblico caldo e civile, tanto da aver ascoltato attentamente e applaudito il bravo Carlo Rizzolo, su queste pagine trovate la recensione del suo ultimo lavoro, che aveva l’ingrato compito di fare da spalla e che ha saputo invece farsi apprezzare con le sue ballate folk rock, set breve, ma piacevolissimo, alla cui riuscita hanno contribuito gli altri due musicisti che l’hanno accompagnato con chitarre e banjo.

Dopo il tempo necessario per il cambio e l’accordatura degli strumenti, intorno alle 21,40 è salita sul palco la band di Joey Burns e John Convertino che ha subito scaldato la platea con i ritmi latini della Cumbia Del Polvo, a seguire altri due brani da El Mirador, il loro ultimo disco del 2022 e quattro da Feast Of Wire, esecuzioni impeccabili, del resto siamo davanti a musicisti straordinari, ma che a nostro avviso mancavano ancora di quel pizzico di fuoco che li ha sempre caratterizzati, una scintilla che si sarebbe poi accesa, per l’entusiasmo della platea con il medley fra la loro Not Even Stevie Nicks e il classicissimo dei Joy Division Love Will Tear Us Apart, tutti a cantare e anche a commuoversi. Da quel momento in poi è stato un crescendo, i sei musicisti hanno preso il volo, la batteria di Convertino dettava magnificamente il ritmo, Burns, col suo immancabile cappello, orchestrava da par suo con la sua chitarra ritmica, mentre gli altri quattro del gruppo si alternavano fra chitarre, tastiera, basso, vibrafono, fisarmonica, steel guitar e percussioni disegnando paesaggi sonori fra tex-mex, latin rock, blues, folk, ma è soprattutto quando le due trombe di Jacob Valenzuela e Martin Wenk squillavano all’unisono cristalline e potenti che la temperatura inevitabilmente si riscaldava, un invito ad alzarsi e mettersi a danzare che il pubblico ha dapprima timidamente accettato per poi infine farsi completamente travolgere, giovani e meno giovani nessuno è più rimasto fermo.

Del resto Burns e i suoi hanno mostrato una davvero non comune capacità comunicativa e di coinvolgimento, netta la sensazione di un’interazione e sintonia fra la band e il suo pubblico, la loro miscela di rock e ritmi latini, che ultimamente su disco ha mostrato qualche piccolo cedimento, dal vivo si è rivelata invece quanto mai salda e vincente. Ben due bis hanno chiuso il concerto, raggiungendo il culmine con la conclusiva irresistibile Cumbia Del Donde, un’esplosione di ritmi tropicali e psichedelia. Ma emozionano anche le atmosfere più malinconiche e nostalgiche, come gli evocativi echi morriconiani o quelli legati alla mitologia del deserto e della frontiera, un momento da brividi quando è partita Minas De Cobre dal capolavoro “The Black Light”. Le loro canzoni intrise di romanticismo parlano spesso di solitudine, di viandanti alla ricerca di qualcosa, di orizzonti perduti e lontani, rimandano ai paesaggi descritti da Cormac McCarthy, ai film di Lynch, Peckinpah, Leone, ma queste si coniugano alla voglia di divertire, alla felicità di creare buona musica e far ballare, perché anche le belle canzoni tristi possono rendere felici chi le sa ascoltare, e questa sera siamo usciti decisamente contenti dopo queste due ore di grande musica.

Ignazio Gulotta
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