Scott Matthew THIS HERE DEFEAT
[Uscita: 20/03/2015]
Australia
«A life sacrificed for / something I can't find / left me in ruins / in ruins», un verso di una canzone tratta da questo sesto ultimo album del musicista australiano Scott Matthew: semplificativo delle atmosfere e della visione del mondo che emergono da “This Here Defeat”, uscito come i precedenti lavori del nostro per la Glitterhouse Records. Un disco ispirato dalla fine dolorosa di un amore, molto personale e sentito, decisamente cupo su cui incombe uno spirito inquieto e malinconico sul quale le sconfitte, le delusioni hanno tracciato un solco tanto profondo quanto indelebile. Del resto l'elegante e raffinata confezione dell'album, con una serie di belle foto in bianco nero che comunicano un forte senso di smarrimento, di solitudine, è in perfetta consonanza con le note e le parole. Sono storie di amori finiti, di perdite: Ode è stata scritta per la morte del nonno, e di abbandoni, ma Scott Matthew non cede mai alla disperazione, non c'è in lui l'apocalittica, tormentata grandiosità di un Vic Chesnutt, ma piuttosto a essere cantati sono i dolori, le afflizioni che costellano la nostra quotidianità, da accettare per poter ripartire.
Musicalmente non siamo distanti da quanto Matthew ha dato nei suoi precedenti lavori, la sua è una musica che vive di quiete e minimalismo, gli arrangiamenti mettono in primo piano la voce, molto particolare e immediatamente riconoscibile, in grado di esprimere fragilità e smarrimento, un Antony Hegarty meno imponente e barocco. Ascoltando canzoni come Constant o Soul To Save si si ha la sensazione che Scott Matthew abbia timore di disturbare, tanto sommesso e tremolo è il suo canto. Gli strumenti utilizzati, tutti improntati a un sostanziale minimalismo, contribuiscono a sottolineare il pathos nostalgico e malinconico, in questo senso particolarmente importante il ruolo degli archi e soprattutto del violoncello, il cui suono languido ed evocativo è in perfetta sintonia col sentire dell'autore. Da sottolineare anche la presenza, soffusa e mai invasiva, di suoni elettronici che accentuano la coloritura in chiaroscuro dei brani. Limite del disco è un certo rischio di monotonia che avvolge le canzoni, con l'unica eccezione di Bittersweet, che rappresenta un momento di leggerezza e di incanto folk, anche grazie al'aggiunta di una voce femminile e di un coro, e che spezza il clima autunnale del disco.
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