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18 Luglio 2020 ,

The Lowest Pair The Perfect Plan

2020 - Delicata Records
[Uscita: 24/04/2020]

Passiamo tutta la vita a combattere senza accorgercene, perché l’imperativo è quello di dover dimostrare di essere sempre all’altezza delle sfide, di essere obbligati a superare costantemente noi stessi anche quando vorremmo gettare la spugna; arrendersi a volte però può essere la più dolce delle esperienze, proprio perché rinsalda il legame con la verità che risiede in noi e ci fa essere quello che siamo. Il folk è ciò che mantiene più di ogni cosa una propria autenticità, in quanto non ha bisogno di sovrastrutture per liberare la propria poesia, come fosse uno scrigno di purezza legata concettualmente alla terra e alla dignità del dolore. Potremmo dire che il folk nella sua variante genetica country, costituisce quella resa assoluta che ha il sapore della libertà e del completamento di un cammino a ritroso che conduce finalmente a casa. La domanda potrebbe essere: cosa resta del folk e del country oggi? La risposta risiede nell’ascolto delle dieci tracce di “The Perfect Plan”, sesto nuovo album in studio per il duo di Olympia The Lowest Pair. Basterebbero solo una manciata di quelle canzoni per accorgerci di come ci sia ancora spazio per chi abbia voglia di raccontarsi senza paura di essere giudicati, solo la vita nuda pronta a regalare meraviglie nella sua ordinarietà. “The Perfect Plan” costituisce una sorpresa per la grande intensità della scrittura a cui corrisponde un perfetto equilibrio a livello di produzione (dietro al banco siede Moke Mogis, autore di colonne sonore e membro di Bright Eyes e della superband Monsters Of Folk). Ciò che colpisce è il livello di empatia immediata che si crea con la musica di Kendl Winter e Palmer T. Lee che guarda alla intransigenza della provincia rurale ma anche alla possibilità di una attualizzazione con formule che ampliano ogni volta il registro dei brani. Attraverso queste dieci canzoni troviamo il Will Oldham meno umbratile e ripiegato, le sospensioni dei Cowboy Junkies, i Decemberists che ti fanno saltare dalla sedia con la loro gioia immensa, gli intrecci vocali dei Low al netto della ieraticità del duo di Duluth, il tutto tenuto insieme dalla sensibilità del Tom Petty diWildflowers”. L’opener How Far I Would Go è una ballata per un viaggio di sola andata, con la voce della Winter a dettare la linea di un canto dolente amplificato dall’intreccio della voce di Lee, Too Late Babe è un arabesco la cui tessitura è fatta di chitarre acustiche e banjo, mentre Wild Animals ha un inatteso groove southern. Shot Down The Sky ricorda le pieghe della voce di Margo Timmins echeggiare all’interno delle pareti della Chiesa della Santa Trinità di Toronto (vedi alla voce Trinity Sessions), Morning Light è un mantra commovente che si gonfia lentamente sotto una scansione ritmica quasi marziale prossima a Last Snowstorm Of The Year dei Low, così come stupefacente è la dinamica sviluppata in We Are Bleeding con un cambio di tempo che si poggia sulle note del banjo. In chiusura, l’omonima The Perfect Plan è un canto accorato e avvolgente avvolta da un fluido di suoni eterei come la bellezza che ci sfugge ad ogni istante. “The Perfect Plan” è un disco senza tempo, l’idea di fuga da tutto per rifugiarsi nella natura dove trovare riparo ed in cui essere sé stessi è più semplice di quanto si creda.

Voto: 8/10
Giuseppe Rapisarda

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