Nazoranai THE MOST PAINFUL TIME HAPPENS ONLY ONCE HAS IT ARRIVED ALREADY..?
[Uscita: 14/11/2014]
Giappone- Australia-USA
Seconda prova per la creatura che vede insieme tre formidabili terroristi sonici. Keiji Haino: quasi un centinaio di opere alle spalle e una lunghissima carriera di sperimentazione selvaggia in ambito noise, qui suona chitarre, drum machine, sintetizzatori e voce. Oren Ambarchi: multistrumentista australiano, batteria e chitarra i suoi strumenti più usuali, di formazione jazz, ha collaborato con gente come Boris, Merzbow, Richard Pinhas, Sunn O))). Proprio da questi ultimi proviene il bassista Stephen O’Malley che completa il trio e sulla cui etichetta, la Ideologic Organ, esce il disco. Questa è la seconda prova dei Nazoranai, dopo il debutto del 2011, e potrebbe far pensare a una sorta di formazione stabile che anche in futuro potrà far sentire la propria voce, o meglio il proprio urlo. “The Most Painful Time Happens Only Once Has It Arrived Already …?”, il chilometrico titolo, così come quelli delle tracce che compongono il disco, è in puro stile Haino; è stato registrato a Birmingham l’8 luglio del 2013 da Chris Fullard. Come non è difficile immaginare il disco, che si compone di quattro lunghe tracce per più di un’ora di improvvisazione sui sentieri più impervi del rock improvvisato e sperimentale, ha un impatto forte e devastante, la musica sembra fuoriuscire da un vulcano in ebollizione, eruttata dalle viscere della Terra con furia distruttiva e iconoclasta per gridare al mondo dolore e rabbia.
L’inizio è subito infuocato, You Should Look Closely Those Shattered Spells Never Attaining Embodiment as Praver They Are Born Here Again parte fra cupe sirene, linee di basso inquiete e un rullare acrobatico e possente della batteria di Ambarchi per poi dilatarsi in 19 minuti di suoni profondi, spettrali dei synth e della chitarra talvolta spezzati dalla lancinante e brutale vocalità di Haino. L’aspetto magico, esoterico della voce di Haino, che sembra celebrare un rituale misterico, introduce Will Not Follw Your Hoax Called History: qui la tensione si placa in atmosfere più rarefatte che lentamente affondano in lugubri inquietudini con un dolente assolo di chitarra hendrixiano dilatato verso il nulla. Who Is Making the Time Rot, con i suoi 8 minuti la traccia più breve del disco, è un fluire ondulatorio di chitarra distorta, torrenziale drumming e suoni lancinanti, preludio alla conclusiva traccia, quella che dà il titolo all’album, altri 18 minuti di improvvisazione vulcanica sui territori del blues rock, del metal più dannato e del noise dai forti sentori psichedelici. La batteria si abbandona a ritmi tribali, il basso produce sonorità disturbanti e la voce di Haino si lancia in incursioni di plumbea e dolorosa suggestione che sembrano provenire dagli anfratti più oscuri e inconfessabili
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