The Pains Of Being Pure At Heart THE ECHO OF PLEASURE
[Uscita: 01/09/2017]
Stati Uniti
Non c'è un granchè da salvare in questo opaco ritorno dei newyorkesi The Pains Of Being Pure At Heart. Di sicuro il contributo di Jen Goma, degli A Sunny Day in Glasgow, che porta un pò di luce, con So True, garbata canzoncina pop dai tono scintillanti, in una stanza dove regna il buio creativo. Kip Berman (nella foto sotto a destra), che di solito é la mente indiscussa del gruppo, qui ha avuto qualche aiuto da parte di Jacob Danish Sloan e da Kelly Pratton. Le chitarre sono state messe un pò in disparte, per fare spazio a tastiere più funzionali al nuovo approccio, decisamente più synth-pop oriented. Il boss non è mai stato un grande vocalist, per cui la sua voce era più efficace quando era coperta da raffiche di distorsioni soniche nello shoegaze degli esordi. I TPOBPAH sono una shoegaze band di seconda generazione (se cosí si puó dire) anche se il genere, pur con fasi alterne, non è mai scomparso.
Il loro esordio teneva in gran conto la lezione dei maestri ma conteneva una dose di freschezza e credibilità, qualità che invece sono latitanti in quest'ultima produzione, che riscatta solo in scarsa misura il fallimento di quell'isolazionista “Days of Abandon” che tre anni fa ha deluso i fan. “The Echo of Pleasure”, nove tracce di nuovo prodotte da Andy Savours, cambia direzione, si arricchisce di molti, troppi, orpelli, ci regala pochi echi degli antichi piaceri e, quasi archiviato il fuzz, guarda al passato, quella new wave alla Echo and the Bunnymen & c,, che, nei risultati, si riduce ad un miraggio.
Resta un timido approccio shoegaze in qualche traccia, come in Anymore, omaggio, quasi una citazione, ai maestri, gli inevitabili My Bloody Valentine. A differenza dei ritorni, tutti di buon se non di eccelso livello, dei MBV, dei Ride , degli Slowdive e dei Jesus and Mary Chain, i Pains proprio non ce la fanno. L'album si apre con My Only, una song un po’ sdolcinata che ricorda i J&MC e che fa il paio con When I Dance With You, di taglio piú danzereccio e infarcita di elettroniche vintage. Il titolo che dà il titolo all'album ha un'attacco alla Psychedelic Furs ma naufraga presto nell'inutilitá, un po' la stessa sorte che tocca al brano successivo, Falling Apart so Slow. Il tempo ha lasciato segni irreparabili, la maturità è sopraggiunta ma purtroppo è manifesta soprattutto nei testi, che riflettono i vissuti di un Berman che nel frattempo ha compiuto 37 anni, si è sposato, è diventato padre e ora si confronta con i problemi della vita quotidiana. Son cose che capitano. A Berman gli eccessi di quotidianità non devono aver fatto un gran bene, quanta tristezza nella conclusiva Stay!
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