Buñuel THE EASY WAY OUT
[Uscita: 27/04/2018]
Italia-Stati Uniti #consigliatodadistorsioni
Il 2016 era iniziato nel migliore dei modi con la pubblicazione di "A Resting Place for Strangers”, album di esordio del progetto dedicato concettualmente al regista spagnolo Buñuel a cui hanno preso parte nomi del calibro di Eugene S. Robinson, Pierpaolo Capovilla, Xabier Iriondo e Franz Valente. Le canzoni di quell’album erano intrise di una carica di violenza espressiva che colpiva duro come il pugno della copertina di “Vulgar Display of Power” dei Pantera, segno evidente di una incontenibile urgenza catartica.
“The Easy Way Out” è la prova di come si sbagliassero coloro che ritenevano i Buñuel un side project destinato ad esaurirsi in un solo album. Oggi seguendo una linea rossa di continuità con quelle sessioni tirano fuori altre undici pallottole in grado di colpire un obiettivo non per ferirlo ma per polverizzarlo. I Buñuel continuano a rimestare nella fanghiglia del versante belluino, nella polarità animalesca di istinti primordiali in cui l’uomo rivendica se stesso, affrancandosi dalla cattività in cui è costretto, così come gli schiavi che fuggivano dalle piantagioni di cotone. Perché la forza dei brani è centrata sulla rappresentazione di una liberazione attraverso il linguaggio dell’hardcore, del punk e di una avanguardia dalle geometrie in continua ridefinizione.
Il motore ritmico dei Buñuel è una macchina da guerra, come i battiti accelerati di un cuore impazzito per un sentimento frammisto a rabbia ed allucinazioni voluttuose: le pulsazioni stoner del basso di Pierpaolo Capovilla si fondono come metallo in un altoforno al drumming di Franz Valente a cui si unisce l’avanguardia elettrica di Iriondo, dalla valenza ancora più materica, mentre Eugene S. Robinson satura i brani di tutto il peso di una personalità dalla teatralità grandguignolesca. Il brano di apertura Boys To Men ha un incedere lento come un doom metropolitano prima di esplodere in tutta la sua virulenza malsana, così come The Hammer The Coffin, spietato hardcore permeato da lancinanti deviazioni industrial. Alcuni brani non superano i tre minuti, come fossero schegge di una esplosione: Dial Tone, A Sorrowful Night oppure il fuzz di Happy Hour non danno requie. The Sanction è un monolite mefitico come i Kyuss immersi in un recipiente pieno di formalina sabbatthiana; nel turbinio della devastazione apocalittica di The Roll compare anche Kasia Meow, cantante della band punk polacca Terrible Disease, ed il successivo Augur è un blues malato dal corpo scheletrico e martoriato. Dopo il brevissimo sussulto punk di Shot cantata dalla Meow e lo stridore metallurgico di Where You Lay, in chiusura lo slide fintamente rassicurante di Hooker diventa una coperta da poggiare sugli ultimi spasimi. I Buñuel ormai sono una creatura autonoma, credibile e dotata di una propria identità.
Dopo che ho finito di ascoltare tutti i pezzi, mi sono ritrovato con ferite e contusioni su tutto il corpo, come se avessi lottato contro qualcuno. Poi mi sono reso conto che tutto era stato provocato dalle devastanti onde sonore