Eels THE DECONSTRUCTION
[Uscita: 06/04/2018]
Stati Uniti #consigliatodadistorsioni
Mr.Everett è tornato. A quattro anni da quell’album sul quale campeggiavano per la prima volta le sue credenziali anagrafiche (benché intestato alla band), “The Cautionary Tales Of Mark Oliver Everett”, e a ventidue da quel primo, magnifico “Beautiful Freak” che inaugurava una carriera luminosa e ricca di soddisfazioni tanto per l’artista quanto per il suo pubblico (raramente insoddisfatto dai risultati ottenuti) abbiamo un nuovo capitolo della splendida avventura targata Eels, "The Deconstruction". Le coordinate sonore all’interno delle quali si muove il nuovo disco sono quelle tipiche del “gruppo” (virgolette d’obbligo, essendo la sigla una faccenda privata del “signor E”, che con questo moniker si era già affacciato al mondo discografico con due lavori prima di quello summenzionato), un alternarsi di brani intimisti ed esplosioni elettriche e/o orchestrali. Il tutto ben sintetizzato dalla title track e brano introduttivo che rivela molto anche dei contenuti espressi da testi che, pur indulgendo sempre su rapporti difficili e una visione del mondo attuale non particolarmente serena (ma quando hai vissuto una vita come la sua l’allegria tende ed evitarti), rivelano inediti sprazzi di cauto ottimismo e qualche sorriso.
Il ritornello di Premonition, splendida ballata per voce e chitarra e qualche leggero velo “ambient”, recita persino “tutto andrà bene” e “il sole splenderà”: non è male per un album presentato dall’autore con parole quali “il mondo è un casino". A sorprendere sono la qualità delle canzoni, le sfumature che la voce di E riesce ad assumere per esprimere i toni del racconto e gli arrangiamenti, come sempre perfetti, mentre il mestiere emerge prepotentemente per “vestire” al meglio piccoli capolavori (The Epiphany, ma soprattutto Sweet Scorched Earth o Be Hurt, due brani come non si sentivano da tempo, e non è riferito solo alla produzione degli Eels), o lo stile in linea con il magistrale esordio che viene rievocato in Rusty Pipes. Così come non mancano esempi affini al rock del lontano (2001) "Souljacker” (Bone Dry, Today Is The Day, You Are The Shining Light), commoventi ballate del calibro di There I Said It, la fragile, brevissima Archie Goodnight, sorta di ulteriore intermezzo come quelli rappresentati dagli interludi The Quandary e Coming Back. Il maestoso strumentale The Unanswerable precede il gran finale di In Our Cathedral. Album di spessore, tanto lirico quanto musicale, ricco di sfumature pop che lo rendono assolutamente godibile. Attendevamo un nuovo disco irrinunciabile siglato Eels: eccolo.
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