Stephen Malkmus & The Jicks SPARKLE HARD
[Uscita: 18/05/2018]
Stati Uniti
Cinque dischi con i Pavement, un paio con i Silver Jews, qualche progetto dedicato alle cover (tra i quali una revisione totale di “Ege Bamyasi” dei Can), due prove in solitaria e quattro (più un live) con i fidi Jicks, ai quali si aggiunge oggi questo “Sparkle Hard”: non male, in venticinque anni di carriera. E il tutto senza mutare d’una virgola il proprio approccio alla materia “canzone” aderente alla formula sghemba e imprevedibile-ma-sempre-uguale-a-se-stessa dalla quale Stephen Malkmus, allampanato 52enne californiano, ci ha resi dipendenti. Un pop declinato in una chiave che un tempo, agli esordi, aveva ancora un senso definire “indie”, essendo figlio di un’urgenza creativa che investiva gli anni ‘90 come una bordata salvifica (l’ultima?), a manifestare una vitalità del rock sempre data per prossima a spegnersi eppure mai doma. Risultato: dopo un quarto di secolo (che nel frattempo è cambiato) siamo ancora qui, con la nostra voglia di chitarre, basso e batteria, anche se l’orizzonte si è normalizzato e tutti fanno indie pop. Anche il nostro eroe è sempre lì, a macinare note, a inventarsi melodie inusuali, a tirare giù assoli come non ci fosse un domani.
Non bisogna farsi fuorviare dall’introduzione di Cast Off: quel piano solenne e quella voce fragile sono solo il preludio a uno sviluppo sonoro che riporta tutto a casa. O quasi, perché i suoni a volte lambiscono territori kraut (Future Suite, Bike Lane) e persino prog, in misura superiore rispetto ai capitoli precedenti, parliamo di qualcosa di affine ai migliori King Crimson (Rattler, Kite).
Non mancano episodi più tipici (Middle America, che profuma di Wilco, la più ritmata Shiggy, Brethren, arricchita da violini, poi nuovamente protagonisti nel duetto country-rock con Kim Gordon Refute), né un brano “almost soul” (il philly sound stile Hall & Oates di Solid Silk) e men che meno un finale ad effetto (la suite Difficulties/Let Them Eat Vowels). Il tutto a corredo di testi spesso impegnati che denunciano tanto la dipendenza dai social quanto le brutalità della polizia nei confronti degli afroamericani, ed era dai tempi dei Pavement che non risultava così esplicito in termini sociali. Il solito, ottimo, scintillante disco targato Stephen Malkmus (& The Jicks), solo che stavolta merita un mezzo punto in più.
Correlati →
Commenti →