The Cavemen NUKE EARTH
[Uscita: 06/04/2018]
Nuova Zelanda #consigliatodadistorsioni
Buone nuove dalle parti del garage-punk più scassato: arriva a poco più di un anno dall’uscita di “Born To Hate” (dicembre 216) il terzo LP per i neozelandesi The Cavemen, “Nuke Earth”. Nel mezzo, una ristampa dell’omonimo album di debutto (novembre 2017), tour europei e nordamericani e il benestare della critica musicale che ha seguito con interesse ogni tappa della strada di distruzione musicale del quartetto di Auckland. A differenza di molti gruppi che sembrano solo copie carbone di artisti garage i Cavemen tentano di rimescolare le carte, e senza rinunciare a suonare attuali truccano il punk-rock con accenni glam, trash, hard e horror. Le coordinate anche per Nuke Earth non sono cambiate, la band sguazza in territori garage-punk con ritmiche iperveloci, voci gutturali e strozzate, chitarre come lame di rasoio, canzoni disintegrate sotto il tetto massimo dei 2 minuti e mezzo. Ciò che premia le scelte dei Cavemen è la declinazione di una musica delinquenziale e marcia.
La doppietta iniziale (Lust For Evil, Criminal Love) induce a pensare ad una band hardcore d’assalto con Lux Interior come frontman, ma lo stacco di Janey fa capire che i Cavemen bazzicano anche il glam-rock e certo punk californiano di fine anni ’70, e scrivono una delle migliori canzoni della loro carriera. Nuke Earth è un grande frullatore che evidenzia la capacità di scrivere ritornelli e melodie davvero appiccicosi (la già citata Janey, Chernobyl Baby, la glam-issima Thug), e dove l’intera tradizione del rock decadente e depravato viene scombinata e riassemblata secondo la formula punk, da Motörhead (7 Days Weekend), Germs (Concrete Town, Don’t Wanna Hang), Cramps, Misfits (Batshit Crazy, Elvis Is Alive) a Bo Diddley e Nick Cave (Gimmie Beer of Gimmie Death), ad accenni di Black Sabbath (The Night Jimmy Savile Died) e primi Metallica (Speaking In Tongues). Un terzo disco che non fa prigionieri, anche se dietro la furia barbara dei Cavemen si nasconde il tentativo di ampliare gli orizzonti del garage-punk. Per chi sceglie il lato selvaggio, sempre.
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