The Body NO ONE DESERVES HAPPINESS
[Uscita: 18/03/2016]
Stati Uniti #consigliatodadistorsioni
"Nessuno merita felicità", sentenzia impietosamente il titolo dell'ultimo album di Lee Buford e Chip King, alias The Body, musicisti dediti a sperimentazioni connotate da un alto tasso di estremismo sonico.
Due anni dopo il claustrofobico "I Shall Die Here" e freschi di una collaborazione con i grinders Full Of Hell, con i quali hanno pubblicato per la label Neurot "One Day You Will Ache Like I Ache", il duo di Providence dà alle stampe un album che si colloca in un alveo oscuro di contraddizioni, dove la ferocia contende il campo ad una inattesa ricerca di equilibrio e di armonia. “No One Deserves Happiness” è una creatura celestiale che però porta dentro di sé un cuore di tenebra a causa di una mutazione genetica che ha necrotizzato il tessuto connettivo delle emozioni. La dinamica che si genera è luogo di opposti: la luce convive con la sua idiosincrasia, la voce umana con spaventosi echi belluini ed il furore accecante con la quiete ed il torpore.
L'album può essere compreso appieno solo a fronte di questo dualismo congenito che lo rende simile a “Night Of Your Ascension” di Wreckmeister Harmonies per il modo di affrontare la natura inquieta e irriducibile che attraversa l'inconscio ed il ritmo circadiano che scandisce l'alternanza tra umanità e animalità.
Le voci di Maralie Armstrong degliHumanbeast e di Chrissy Wolpert di The Assembly of Light Choir fanno da contrappeso alla scansione marziale ed essenziale del drumming di Lee Buford ed al muro di suono eretto da Chip King, creando un equilibrio sospeso sul baratro. L'avvio della prima traccia Wanderings ha un incedere ieratico quasi fosse un brano dei Low, prima che sulla voce si sollevino distorsioni che fanno tremare la terra sotto i piedi. Nella successiva Shelter is Illusory le urla di Chip King annunciano una litania avviluppata in fibre di rumore e pattern deviati; con Hallow/Hollow siamo di fronte ad una mini suite di doom epico, mentre l'influenza dell'elettronica di The Haxan Cloak, già produttore del precedente album, si avverte chiaramente in Two Snakes.
Dopo le declamazioni di Adamah, incontriamo il maestoso doom di Starving Deserter accompagnato da sinistri rintocchi di campana. Il finale è da applausi: The Fall And The Guilt, ballata per voce, piano e rumore bianco, tanto vicina ai Lamb, Prescience lunga innodia che vive in un drammatico crescendo di distorsioni che si allungano sempre più, e la conclusiva The Myth Arc, pioggia purificatrice che riscatta le anime dannate. L'ascolto di No One Deserves Happiness è un'esperienza che appare all'inizio irta di ostacoli ma che scopre la sua grande profondità e ricchezza a patto che gli si lasci il tempo di sedimentare. Dopo sarà chiaro che il titolo dell'album mente: tutti hanno diritto alla felicità, anche chi vi ha rinunciato.
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