Sumac May You Be Held
[Uscita: 02/10/2020]
Aaron Turner, Nick Yacyshyn e Brian Cook hanno portato a compimento una struttura concettuale il cui senso è a rilascio graduale, come fosse un oppiaceo che si insinua nei tessuti e disinnesca la contrazione muscolare. Con tre album all’attivo, il progetto Sumac si autodetermina in modo definitivo e si afferma come realtà in cui la heavyness è superata nella misura in cui viene utilizzata come meta-linguaggio per esprimere l’inquietudine e la difficoltà ad orientarsi in un Presente disarticolato da una congerie di frequenze disturbate. Nella musica dei Sumac si ritrova costantemente un dualismo vitale che vince la gravità contraria dettata dal dominio del corpo e che conquista una propria liberazione dalla materia, all’interno di un perimetro segnato dal dolore e dalla esaltazione. Se nel precedente “Love In Shadow” si percepiva il peso dettato dall’influenza di collaborazioni con gente del calibro di Kenji Haino, con “May You Be Held” i germogli di quelle visioni distopiche sono esplosi in una vegetazione biologicamente mutante che cerca la luce e non più l’oscurità per vivere. I SUMAC si sono adesso abbandonati alla metamorfosi del suono e alla sua entropia, sono diventati districatori del rumore disumano e della possibilità di dislocare l’armonia in territori non convenzionali, così come l’harsh noise di Merzbow che in questo nuovo album sembra essere il convitato di pietra (vedi The Iron Chair). In questi cinque nuovi brani prende il sopravvento una latitudine più marcatamente noise e art-heavy, rispetto alle primigenie forme sludge-metal di “What One Becomes” in cui le dilatazioni doom alla Sunn O))) erano chiaramente ravvisabili nelle sospensioni emotive dell’esoscheletro ritmico costruito dal binomio Yacyshyn – Cook. In “May You Be Held” è proprio la valenza ritmica ad abdicare spesso a favore di un diverso livello di comunicazione che fa leva su un flusso di suono materico, magmatico come la fusione di ogni elemento in un unico corpus. L’opener ambient A Prayer For You Path segna il percorso di una strada in discesa infinita allo sguardo e dove l’orientamento si affida alla percezione di segni metallici che risuonano nello spazio, mentre la successiva omonima May You Be Held si sviluppa in oltre diciannove minuti di potenza belluina in cui si esalta la produzione del consolidato Kurt Ballou il quale conferisce uno spessore analogico alla resa complessiva dei brani. Esemplare è il drumming di Yacyshyn in Consumed, con devastanti pattern di blast beat, mentre la conclusiva Laughter And Silence è costituita da nove minuti di bagliori di luce che proietta ombre su un paesaggio immateriale. Possiamo dire che è rimarchevole lo sforzo dei Sumac di voler uscire dai limiti di un genere che diventa interessante quando si apre alla diversità, così come è successo con “May You Be Held” ad una band che oggi è qualcosa di più che la mera somma dei suoi componenti.
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