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28 Marzo 2022 ,

King Hannah I’m Not Sorry, I Was Just Being Me

2022 - City Slang Records
[Uscita: 25/02/2022]

Subito dopo il cromatismo discendente dell’opener A Well-Made Woman parte un beat legnoso tutto in levare, profondo come il gorgo melmoso dal quale ci si vuole affrancare con tutte le proprie forze. Da quel momento in poi è tutto così. “I’m Not Sorry, I Was Just Being Me” è la prima prova sulla lunga distanza di Hannah Merrick e Craig Whittle, alias King Hannah, i quali avevano già dato prova di ottima scrittura con l’EP “Tell Me Your Mind and I'll Tell You Mine” realizzato nel 2020. Il duo di Liverpool oggi mostra però una maturità ancora più impressionante per lo spettro emotivo che riesce a sviluppare nel dissezionare le cose per cercarne l’anima, il cuore pulsante della vita che si è deciso di lasciarsi alle spalle. “I’m Not Sorry, I Was Just Being Me” ha in sé il sentore di una casa lasciata di fretta, il senso di un appuntamento con se stessi che non si può disattendere, a costo di pagare il prezzo di mille lacerazioni senza sangue. L'immaginario di Merrick e Whittle si nutre tanto dello slow-core alla Mazzy Star, quanto delle oscurità bristoliane riconducibili ai Portishead dell’era post “Dummy” (vedi il groove di Foolius Caesar), il tutto racchiuso in anfratti asfittici che innescano alienazioni pervase da apocalissi esistenziali. Benché ci sia un legame in termini di mood, ogni brano ha un proprio preciso respiro guidato dalla voce mesmerica di Hannah Merrick, estremamente sinuosa e piena di rifrazioni. La triade A Well-Made Woman, All Being Fine e Big Big Baby, rappresenta il versante oscuro del viaggio, vicino ai primissimi Morcheeba e al flusso magmatico di Tricky. In Ants Crawling On An Apple Stork canta Craig Whittle e raggiunge la purezza di Ben Seretan, in un folk trafitto dal crepuscolo; con The Moods That I Get In calpestiamo il terreno limaccioso dei Cowboy Junkies, prima di essere trasportati in un turbinio di emozioni in cui tutto cambia ed il pezzo si trasforma in una scia dei The War On Drugs, così come i languori di Berenson. Dopo lo stupore interlocutorio dello strumentale Death Of The House Phone, arriva il blues narcolettico di Go-Kart Kid (Hell No!) sulla cui pelle sono visibili gli stessi tatuaggi sbiaditi del compianto Mark Lanegan. In chiusura It’s Me And You, Kid nasce dalle viscere per esplodere in un gospel che diventa un inno alla consapevolezza di avere dentro di sé un intero universo: «But I'm all, I'm ever gonna be». “I’m Not Sorry, I Was Just Being Me” dona stupore ad ogni ascolto, dote oggi del tutto rara, candidandosi ad essere pietra di paragone per tutta la produzione futura dei King Hannah. Senza dubbio uno dei dischi che ci porteremo a lungo nel cuore, come qualcosa di cui non possiamo fare a meno, nonostante ci faccia dolcemente soffrire.

Voto: 8/10
Giuseppe Rapisarda

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