Horseloverfat Greetings From Nowhere
[Uscita: 28/05/2021]
Si potrebbe pensare che abbiano voluto giocare con il canzoniere anglo-americano degli ultimi cinquant’anni gli Horseloverfat in questo recentissimo “Greetings From Nowhere”. I sei musicisti romagnoli, dei quali ricordiamo le prestigiose collaborazioni con Vinicio Capossela, Mirco Mariani, Paolo Fresu, Jimmy Villotti , Fabrizio Bosso, Mitchell Froom, Marc Ribot, Howe Gelb, Steve Wynn e altri, a due anni di distanza dal precedente album “Rotten Civetta” (recensito su queste stesse pagine) già estremamente valido, si ripetono e si superano alla grande nella loro formula psico/punk/kraut e molto altro che in Italia crediamo abbia ben pochi rivali. L’ottima band infatti si prodiga nel pescare a piene mani, in maniera esemplare a dire il vero, da quanto già sentito in questo lungo lasso di tempo pur mantenendo l’assoluta e rara magia di un album unitario e personalissimo nonché, diciamolo subito, molto vicino all’eccellenza. Ecco così che ritroviamo i furori punk nella convulsa Artist, nella travolgente Bright And Best, e nella tonitruante Salamander, per poi passare alle deliziose canzonette beat anni ’60 She e la title track, fino alla scanzonata e magnifica Eggs che riesce a riunire ironie kinksiane agli sberleffi sonori del Frank Zappa di “Freak Out”, mentre la splendida Cascata nei suoi quasi nove minuti si ammanta di reminiscenze weastcostiane con un intreccio di chitarre lisergiche e cipollinesche (nel senso di John) mettendo in scena la psichedelia più acida e più pura che ritroviamo magistralmente in altri brani come in Molokko dove si ascolta persino il suono di un sitar. Molto altro da scoprire in questo album tutto di altissimo livello, ma ci piace segnalare ancora lo pseudo country-americana della deliziosa Illusions e la sincopata e krautronica Socrates Eats Hemlock dal ritmo ferroviario e inarrestabile spaccata in due da straordinari assoli di chitarra, punti di forza di questo ottimo album dove non c’è una sola nota da buttare. Arrangiamenti che sfiorano la genialità tra le due chitarre già dette, sibili e squittii di sintetizzatori al posto giusto nel momento giusto, un sax convulso alla James Chance, i due ritmi dalla incontrastata e solida presenza e la registrazione praticamente live come valore aggiunto. Un piccolo capolavoro da ascoltare assolutamente e da fare ascoltare a chi crede che il rock italiano sia quello di chi vince un paio di festival del mainstream.
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