Godspeed You! Black Emperor G_d’s Pee At State’s End!
[Uscita: 02/04/2021]
E’ facile descrivere la fine della Storia, narrare il tortuoso tracciato di vicoli ciechi oppure ancora la forza di un tornado che scoperchia i tetti delle case come fossero fogli poggiati su un tavolo. Difficile, invece, è raccontare quella vita pronta ad esplodere dopo una lunga notte, fotografare gli occhi luminescenti di infinite anime in fuga come fossero cerbiatti disorientati che attraversano la strada per ritornare a casa. Nella musica dei Godspeed You! Black Emperor non c’è mai stato solo il buio di un declino inesorabile, piuttosto una dinamica di forze centrifughe che dal nucleo magmatico dell’apocalissi si liberano verso un altrove metafisico. Già l’apoteosi di “Lift Your Skinny Fists Like Antennas To Heaven” (per certi versi vertice insuperato) raccoglieva tutti i suoni del mondo, anche i più ordinari come una declamazione radiofonica di un predicatore o il brusio di un supermercato, per ricodificarli nell’alfabeto di un messaggio salvifico. Anche il transito dalle sponde post-metal alla Neurosis di album come “'Allelujah! Don't Bend! Ascend!” (vedi lo spaventoso processo di stratificazione materica in Mladić) o il successivo “Asunder, Sweet And Other Distress”, è servito ai GY!BE a confermare una personale concettualità eversiva fatta di poetica della distruzione. Semplicemente, decostruire per interrogare i limiti delle categorie culturali, politiche e religiose e scagliare una bottiglia incendiaria sulle mura fortificate del dis-umanesimo capitalistico. La musica del nuovo “G_d's Pee At State's End!” è frutto di una scrittura più concisa e meno sovrastrutturata rispetto al passato, nonostante rimanga intatta l’attitudine alle fughe in avanti e l’abbandono ad una deriva di magniloquenza evocativa che nessun altro come i GY!BE oggi è in grado di sviluppare. Mentre con “Luciferian Towers” era lecito chiedersi se i canadesi si fossero insabbiati in un terreno di normalizzazione, con “G_d's Pee At State's End!” troviamo il paradosso di una spinta retrograda che però guarda al presente con le spalle rivolte al futuro, come l’Angelus Novus del dipinto di Paul Klee che, secondo le parole di Walter Benjamin, «vorrebbe ben trattenersi, destare i morti e ricomporre l’infranto». La struttura dell’album si articola in quattro brani: un doppio versante costituito da due lunghe tracce e due più brevi che delineano il profilo di un arcipelago con una sponda esposta alla luce del sole ed un’altra avvolta da una siderale aura magnetica. Colpisce l’inedita avvolgente ricerca dell’armonia negli oltre venti minuti della suite A Military Alphabet (Five Eyes All Blind) (4521.0kHz 6730.0kHz 4109.09kHz)/ Job's Lament/ First Of The Last Glaciers/ Where We Break How We Shine (ROCKETS FOR MARY), la cui elettricità si dipana dal ronzio di voci captate sino a diventare una marcia di risurrezione, con le chitarre che si intrecciano agli archi in una combustione abbacinante pronta a divorare tutto. La successiva GOVERNMENT CAME' (9980.0kHz 3617.1kHz 4521.0 kHz)/ Cliffs Gaze/ cliffs' gaze at empty waters' rise/ ASHES TO SEA or NEARER TO THEE si avvicina ai decadenti echi morriconiani liberati come spiriti inquieti nelle lande desolate di “F♯ A♯ ∞”. In chiusura, il lungo effluvio ambient di “OUR SIDE HAS TO WIN (For D.H.)”, uno dei momenti più struggenti dell’album in cui lo sfrigolio delle corde si fonde con un corpus sonico cameristico che sembra captare pulsazioni di vita provenienti da un’altra dimensione dell’esistenza. “G_d's Pee At State's End!” è un album sontuoso che ricalca una semantica consolidata ma che lascia ancora spazi aperti allo stupore.
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