The Wreckery Fake Is Forever
[Uscita: 22/03/2024]
Ormai i Wreckery li consideravamo musicalmente defunti e consegnati alla storia del rock alternativo australiano, e invece rieccoli in piena forma a distanza di ben 35 anni ritornare con un disco che li vede in una formazione in gran parte identica a quella del passato: il frontman e il chitarrista ovviamente è sempre Hugo Race, autore di buona parte delle canzoni, accanto la chitarra e le tastiere di Ed Clayton-Jones, il sax di Charles Todd, il polistrumentista Robin Casinader, il basso e i cori di Nick Barker e la batteria di Frank Trobbiani, l’unico che non ha fatto parte della band originaria, ma ha fatto parte della stessa scena di Melbourne da cui è nata la band. Chi immagina una furba operazione di marketing o dal sapore nostalgico si sbaglia di grosso, il disco suona al contempo maturo e fresco, snocciola rock’n’roll caldo e sensuale, sia di stampo acido e feroce che crepuscolare e romantico. Il blues è la base di partenza dei Wreckery, un blues che affonda le sue radici nelle pieghe fosche, equivoche della vita e della società e che si tinge di ruvido rock, post punk, folk. Ma naturalmente gli anni passano e la musica non ha più in primo piano la carica furiosa e post punk che caratterizzava i dischi degli anni ‘80, che sembrava uscita dall’atmosfera melmosa e dai vicoli bui di quegli anni, ora è subentrata una modalità più meditativa, meno minacciosa, ma che non ne ha perso la vena corrosiva e ribelle che li ha sempre caratterizzati, insomma i Nostri col passare degli anni non sono diventati pompieri, non hanno perso la loro vena incendiaria. Basti ascoltare il testo sarcastico dei sette minuti della conclusiva Young People, splendida ballata blues rock, cantata con voce ipnotica da Hugo Race, «Here come now/So young so beautiful/Thick hair flowin’/Nose full of white snowin’/Pretty young face/Think you’re the brand new star/Where’s my limousine/Where’s my credit card», perché il falso è per sempre, l’apparenza è ciò che manderà tutto all’inferno. Ma il disco è pieno di immagini inquietanti, sinistre, appaiono preti chimici, esorcisti del vaticano, incidenti d’auto nella notte, bambini usciti pazzi per le sostanze chimiche e gli psicofarmaci, gli spari a JFK, è davvero un mondo piombato nell’oscurità che vive sull’orlo del burrone quello magnificamente rappresentato in “Fake Is Forever”. La tracklist alterna brani più tirati e nervosi, blues notturni e oscuri come la trascinante Smack Me Down o la frenetica cavalcata di Stole It From Alpha Ray o una Get A Name in cui risaltano al meglio le doti degli strumentisti, in particolare l’assolo della chitarra solista di Clayton-Jones e il sax di Todd che disegna cupi riff nel finale, lo scatenato rock sporco di funk di Dragonfly, ed altri più intimisti e nostalgici come la quasi sussurrata The Devil In You, una Whistle Clean con il piano che sottolinea il canto intenso e doloroso di Race o la bizzarra e cantilenante Garbage Juice, malinconica ballata sullo scorrere della vita e «vedere tutti gli amici che sono morti». E poi c’è la voce di Hugo Race, roca, affascinante, da gran narratore, una voce che col passare degli anni si arricchisce di sfumature date dalla vita e dalle esperienze vissute, di un musicista che ancora oggi non si stanca di sperimentare e fare nuove esperienze. Potremmo parafrasare Luca Carboni: «E intanto Hugo Race non sbaglia un disco»
Video →
Commenti →