Plastikman EX
[Uscita: 14/07/2014]
Canada
Dopo più di dieci anni uno dei mostri sacri dell’elettronica e della techno in particolare, Richie Hawtin, ha deciso di rispolverare il suo nome d’arte più conosciuto, Plastikman, registrando un nuovo disco dal titolo estremamente sintetico, “Ex”. Un’assenza relativa, certo, date le numerose collaborazioni, i molteplici progetti e le registrazioni live che hanno tenuto impegnato il prolifico artista canadese durante questi anni. Hawtin/Plastikman ricompare e con lui un pezzo di storia della minimal-techno: un musicista i cui esordi nella fine degli anni ‘80 sono caratterizzati da un sound rivoluzionario e da una musica a dir poco visionaria. Uno stile che trae le sue origini dall’elettronica europea, specialmente quella tedesca, in particolare da gruppi come i Kraftwerk e i Tangerine Dream, e che cresce in un contesto unico, quello di Detroit, la città di Derrick May, di Jeff Mills, di Carl Craig, in poche parole, la culla della techno. Hawtin riesce ad imporsi all’attenzione del pubblico nel giro di poco tempo, proponendo lavori dallo stile particolarmente ‘acid’, composti inizialmente insieme al dj John Acquaviva, col quale fonda la sua prima etichetta, la Plus 8. Una storia quella di Hawtin che, per un certo periodo, va quasi di pari passo con quella di un altro grande nome dell’elettronica, il britannico Aphex Twin.
Due stili ben distinti, ma che riescono ad esprimere i loro migliori frutti nel ’93, anno d’uscita da parte del primo di “Sheet One”, un abrasivo concentrato di riff sintetici ottenuti con una tb303 e di martellanti ritmi creati con l’immortale tr909, e da parte del secondo di “Selected Ambient Works II”, un disco dai contorni più rilassati, ma dagli effetti non meno psicotropi. Probabilmente Hawtin è stato influenzato dal collettivo sentimento di nostalgia che sembra permeare la musica di questi ultimi tempi, piena zeppa di revival della musica del XX secolo e di “hipsterismo” vintage, o forse ha semplicemente voluto compiere un riepilogo della sua carriera; fatto sta che con Ex Hawtin ripropone al pubblico atmosfere e suoni che riportano l’ascoltatore indietro nel tempo di venti anni, un viaggio annunciato dal dj stesso, il quale definisce il cd “un’escursione nel passato che esplora l’incertezza del futuro”. Il tentativo è più che apprezzabile, ma forse i risultati non sono quelli che ci si poteva aspettare da un nome come il suo: il disco, registrato live al Guggenheim di New York il 6 Novembre 2013, apre le danze con la traccia più smaccatamente retrò dell’intero album, EXposed, un lento crescendo caratterizzato da un uso quasi esasperante dei filtri, che definiscono la maggior parte della dinamica del brano, e da una melodia che, nel mezzo della canzone, compare con discrezione, con un suono schiacciato e compresso tipico della techno anni 90.
Il momento più interessante lo ritroviamo nel passaggio da EXplore alla successiva EXposed: un vero gioco di prestigio da parte di Plastikman, che riesce, con tempi perfettamente calibrati, a trasportare l’ascoltatore da una dimensione luminosa e contornata di percussioni e drum machine ad una situazione più cupa, sostenuta inizialmente soltanto da due sintetizzatori. La traccia immediatamente successiva, EXhale, si regge su un groove di basso coinvolgente, dai contorni nebulosi che riesce, nella sua indefinitezza, a tenere viva l’attenzione fino alla fine del disco. Ex è un disco che spiazza, più che per il suo minimalismo (che del resto è il marchio di fabbrica della musica di Hawtin) per l’assenza di novità. Si tratta di un nostalgico sguardo rivolto al passato, ma il risultato finale, più che strappare un sorriso, lascia con l’amaro in bocca: pur rimanendo il lavoro d’alto livello compositivo non presenta la freschezza e la spinta del sound a cui Hawtin sta guardando, e questo riduce il cd ad un freddo esercizio di tecnica, che non trasmette energia e che finisce per far sentire ancora più lontani quei cinque lustri che sono trascorsi dal suo esordio.
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