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20 Settembre 2013

Bill Callahan DREAM RIVER

2013 - Drag City
[Uscita: 17/09/2013]

bill cahalan# CONSIGLIATO DA DISTORSIONI

 

Da tempo Bill Callahan ha rinunciato a farsi chiamare Smog e ha abbandonato le venature dissonanti e sperimentali dei primi album a favore di un cantautorato più classicheggiante. Quello che fortunatamente non lo ha abbandonato è l'ispirazione: questo nuovo disco, "Dream river”, il quindicesimo di una più che ventennale carriera, è un disco eccezionale, che contiene canzoni al livello di quelle presenti nei suoi dischi migliori, come "Dongs of sevotion”(2000), o "Sometimes I wish we were an eagle(2009). Novità stilistiche rispetto ai lavori precedenti sono l'uso delle percussioni al posto della batteria e la presenza in alcune canzoni di un flauto svolazzante, che crea un clima sonoro che riporta alle vette di Nick Drake o John Martyn. La musica è intimista, malinconica, notturna, ma non deprimente come in alcuni dischi del passato. Le canzoni sono articolate al loro interno, come l'iniziale The Sing, dominata da un insinuante violino alla Dirty Three che parte quasi country per cambiare ritmo e arrangiamento più volte, o la bellissima Seagull, che comincia da blues a regola d'arte per poi trasformarsi in una ballata commovente degna del miglior Neil Young.

 

Molti canzoni sono destinate a diventare classici dell'artista, come Spring, accordi sincopati che ci rammentano cavalieri nella tempesta, e chitarre saturate intrecciate al flauto che creano un clima da jam psichedelica, o l'incalzante Ride My Arrow, costruita subill callahan un tempo dispari che fa il paio coi magnifici Stereolab di Prisoner of Mars, oppure Javelin Unlanding replica felice del cantautorato inglese più bucolico. Summer Painter, malgrado il titolo farebbe pensare diversamente, è il brano più cupo come tonalità emotiva, il più vicino ai primi dischi del cantautore di Silver Spring. A tenere insieme il tutto la voce di Bill (ogni tanto ci viene da chiamarlo ancora Smog), calda e baritonale, inconfondibile. I molti nomi citati in questa recensione non facciano però pensare a un guazzabuglio di stili o ad un artista imitatore pedissequo: Bill Callahan, è uno dei musicisti più personali e coerenti della sua generazione. Questo disco è l'ennesima conferma del suo talento e, se le sue prime opere erano piuttosto ostiche per l'ascoltatore che non fosse addentro in certi territori che alcuni amano definire “avant” o “post”, oggi ci troviamo di fronte a quella che si può definire maturità stilistica. Solo otto canzoni, ma perfette. 

Voto: 8/10
Alfredo Sgarlato

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