SDH ROUGH HUNGER
[Uscita: 14/02/2017]
#consigliatodadistorsioni
Qualcuno ha da obiettare che il blues, nato oltre cento anni fa, sia ancora suonato al giorno d’oggi da migliaia di musicisti? E allora perché non il punk che ha soltanto una quarantina d’anni? Quarant’anni e non sentirli viene da dire ascoltando il tonitruante nuovo album dei reatini SDH, ormai una piccola leggenda a tutti gli effetti. Perché questo è punk vero, punk puro e della più bell’acqua, ruvido e affamato come l’azzeccato titolo "Rough Hunger".
La band torna dopo i quattro brani su tape e vinile dell'EP "Notes About a Mental Breakdown" (2014). Scordatevi quelle sciocchezze pseudo punk da tentativi di classifica, premete il bottone della macchina del tempo, o meglio il play del vostro lettore CD, e ritornate alle sferzate scatenate e scatenanti del ’77 già con l’abbaiante Blackened Spoon che apre il disco con le due chitarre a mille (Nazzareno Martellucci e Daniele Colantoni) e la batteria martellante a formare l’invalicabile muro di suono che si ripete nella brevissima Wetware spruzzata di psichedelia. Psichedelia punk, se possiamo usare questa definizione, che ritroviamo nella furiosa In fight for fame e soprattutto nella strepitosa Object in the mirror, il brano migliore dell’album che nel cantato da canzonetta anni ’60 (non da fraintendere però) crea una fusione inconsapevole e velocizzata tra i Velvet Underground più fuori di testa e psichedelici e la virulenza punk settantasettina. .
Ma non è finita: Three blind mice up a tree è una felicemente sgangherata cantilena suonata a ritmo convulso, Rookie groupie è addirittura sussurrata per come può essere sussurrato un brano punk, I get out (from the big black mouth) sfodera ancora una volta gli artigli del punk più feroce e primigenio. Augmented reality torna alla “canzonetta” psichedelica anni ’60 così come anche Strike to me, che cavalcando punkamente il music hall da party scolastico dei primi anni sessanta e le onde del surf californiano parte come un pezzo dei Ramones e finisce come uno dei Beach Boys.E poiché, come si sa, oltre alla gioia per le orecchie, anche l’occhio vuole la sua parte, è assolutamente doveroso un cenno alla bella e particolare confezione che vede il CD inserito al centro della parte interna della copertina, apribile, formato LP.
Copertina splendidamente illustrata da Ila Pop (Ilaria Novelli) che ci rimanda a visitare una sorta di “Giardino delle delizie” (conoscete Hieronymus Bosch?) condito in salsa punk e fumettisticamente psichedelicherotico. Per gli ascoltatori più normali, questo sarà soltanto un ottimo disco punk ad alto tasso adrenalinico e sferzante, per i fautori della musica terapeutica non sarà difficile riconoscerne la potenza e la carica iper-effervescente che nessun energizzante venduto in farmacia potrà mai uguagliare; perché punk is not dead e mai raccomandazione fu più veritiera di quel “play loud” stampato sul retro copertina; anzi, non limitiamoci al volume alto, facciamo pure altissimo.
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