Quartiere Tamburi ERT
[Uscita: 25/05/2012]
Un disco con solo cinque percussionisti dentro? Sì, si può. Si fanno chiamare con spiccata fantasia Quartiere Tamburi ed il loro primo album si chiama "ERT", sigla di cui onestamente ignoro il significato. Tutto è iniziato ad inizio nuovo secolo all'interno dell'Accademia della Musica di Volterra, dove giovani batteristi erano coinvolti nell'attività di questo centro sperimentale musicale. Il gruppo ha all'attivo un’ autoproduzione live nel 2005 ed un dvd nato da un’ idea di Nicola Pecorini, un noto cinematographer. L'anno scorso è uscito anche un live intitolato "Lorna" che rappresenta il primo volume della “Trilogia dell’Alabastro” prodotta da Arlo Bigazzi, a cui faranno seguito “Alabastro Euforico” e l’album di Antonio Gabellini. C'è da dire quindi che è proprio la dimensione live quella ideale per il Quartiere Tamburi e per chi apprezza queste sonorità.
Questo "ERT" è a tutti gli effetti il loro primo album di studio, ed esce per la storica Materiali Sonori, una delle poche etichette indipendenti italiane sopravvissuta all'estinzione ed attiva dal lontano 1977 in quel di San Giovanni Valdarno. L'idea di base del Quartiere Tamburi come accennato prima è apparentemente interessante ma già ad un primo distratto ascolto denota tutti i limiti di un’ operazione del genere. Marzio del Testa, ideatore del tutto, Iago Bruchi, Riccardo Chiti, Alessandro Gangitano e Lorenzo Bavoni ce la mettono tutta con perizia tecnica e passione ma qui sono le idee che mancano. Tutti e cinque suonano ogni sorta di percussioni, che siano batterie, timpani poco importa, in aggiunta si cimentano con i famigerati loops ed electronics che vanno tanto per la maggiore e che dovrebbero fare la differenza. Il disco è di una noia mortale, mi costa tanto ammetterlo, ma è inutile nascondersi dietro frasi-toppa che magari nascondono menzogne o false ammissioni.
Persino per un amante dell'elemento ritmico ascoltarsi 10 pezzi 10 solo percussivi, con rari interventi di voce ed altri strumenti ad animare il tutto, è francamente troppo. L'impressione è che chiunque possieda un buon computer può realizzare facilmente un disco come questo senza scomodare 5 persone, la mia speranza è ovviamente che non lo faccia. Il disco dura poco più di mezz'ora che sembra poca ma in realtà è tanta, troppa, arrivare in fondo mi è sembrato come scalare una montagna. Se poi l'obiettivo dei cinque è quello di essere originali a tutti i costi forse ci sono riusciti, di certo chi esce sconfitto da tutto questo è il povero ed innocente ascoltatore. Dispiace che la gloriosa Materiali Sonori porti avanti e produca certi progetti quando mi è capitato spesso, anche in questo 2012, di recensire validissime autoproduzioni italiane che meritavano miglior sorte. Per concludere se proprio devo sorbirmi musica di (quasi) sola batteria ed anche se di natura completamente diversa, meglio vada a risentirmi gli assoli chilometrici di un Ginger Baker d'annata con la sua Toad da "Wheels of Fire" o il compianto John Bonham nella celeberrima Moby Dick, almeno loro rendevano gloria ed onore allo strumento.
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