Daimon DUST
[Uscita: 31/03/2018]
L’instancabile Simon Balestrazzi è qui impegnato come Daimon, insieme a Nicola Quiriconi (voce, microfoni e percussioni) e Paolo Monti (chitarre elettriche ed elettronica). Il progetto nasce nel 2016 (a dicembre esce un primo omonimo lavoro), questo secondo “Dust” inizia a prendere forma da una session registrata dopo il tour che a fine anno aveva visto Daimon fare da apertura a William Basinski nel concerto di Berlino. Proprio sulla scia delle elaborazioni minimaliste che Basinski compie con gli episodi di “The Disintegration Loops” anche qui si lavora su variazioni e rimandi che sfumano in fragili melodie ipnotiche. Dispersioni, evanescenze che tuttavia non mancano di inciampare in canali di minore fluidità dove si respira una contrazione e un attrito che rende il suono spastico e spigoloso. Sembra un esperimento che si gioca su fasi alterne di chiusura forzata e di rilascio. Possiamo intravedere tutti i riflessi e le sfaccettature dell’emissione acustica che tocca i lati oscuri e ansiogeni quando è ostacolata o perturbata, costretta a balzare dalle frequenze basse ai picchi più stridenti e nervosi o quando trova un equilibrio distributivo spazio temporale che la distende fino a lievità assoluta.
In So High So Close il silenzio sembra essere indagato dal [d]Ronin che diventa respiro di vita e gli effetti campionati tratteggiano un paesaggio di inabitazione simbiotica che poi precipita in straniazione e disconoscimento. Leonard è forse l’apice di un rifiuto rivolta che evolve drammaticamente attraverso una serie di droni concentrici e scansioni percussive lugubri. C’è il senso di impotenza frustrazione e c’è la tenacia ostinata della resilienza. Poi ci sono le liriche acquatili, delicatissime e struggenti di Awash e All the Dead Dreamers che raccontano di un post umanesimo che si risveglia pacificato e consapevole. Sembra un etereo ascolto della parte più intima e fragile di se stessi. Si avverte chiaramente l’accenno melodico e la voce che lacera la distanza inespugnabile. Il rumore del mondo si carica e si fa forte del primordiale urlo di spavento e di presenza e tutto si carica del nostro passaggio. La materia consunta, la roccia che si sgretola, la morte che trasforma in stille di rinascita, il vento che muove i sogni e i pensieri in un ciclico divenire.
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