Jack White BOARDING HOUSE REACH
[Uscita: 23/03/2018]
Stati Uniti #consigliatodadistorsioni
Jack White III è uno dei pochi artisti intimamente ed “analogicamente” rock (insieme a Dan Auerbach e Josh Homme) capace di attualizzare un genere che corre spesso il rischio di ripiegarsi su se stesso. Attualizzarlo magari con il crossover, con la commistione, con tanti piccoli tradimenti e prestiti non sempre riusciti o non sempre genuini. Ma prova di una creatività ed una personalità da artista vero e a tutto tondo. A risplendere in questo “Boarding House Reach” è la musica di un androide blu elettrico, in cui si riconosce bene la scrittura di White, pur rivestita di strati di tastiere, effetti, layer e campionamenti. Una sovrapposizione di racconti, un po’ come avviene nella decadenza hollywoodiana di Lana Del Rey, rivestita di “xanax pop” per vocoder. Qui è il classic rock di stampo blues che entra definitivamente in un millennio che non gli appartiene, trasformandosi in cento sfumature di nero: un gospel pieno di fervore, un beat campionato, loop analogici, un ultra funk che non dispiacerebbe ai R.H.C.P., a George Clinton e forse nemmeno al sommo Isaac Hayes. Come ascoltare i vecchi Roots di “Tipping Point” ai tempi del post-soul schierato degli Algiers al netto dell’identità razziale.
Impressionante la versatilità della scaletta e la lista dei personaggi coinvolti; solo un paio di nomi: il bassista Neon Phoenix (Kanye West, Lil Wayne, Jay-Z) e il batterista Louis Cato (Beyoncé, John Legend, Mariah Carey). Ancor più spiazzante se si pensa che, live e collaborazioni a parte, l’ultima uscita a nome Jack White era un’antologia acustica in solitaria che sapeva di botti di rovere, paludi e Mississippi. Come se il rosso-e-bianco dei White Stripes si fosse definitivamente mutato in un rilucente blu-e-nero che già “Lazaretto” aveva sdoganato. Sofisticato, elegante: ma come tutti i grandi tradimenti non riesce del tutta a farla franca, perché quello che si guadagna in originalità e freschezza, si perde in coerenza ed integrità, ed il rischio (grosso) di apparire un po’ forzato è dietro l’angolo. Un personale capriccio forse ma dannatamente accattivante e scritto da un personaggio che la sa davvero lunghissima. Se ne tenga alla larga chi ancora ha sul comodino “De Stijl” o “Elephant”.
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