Suede BLOODSPORTS
[Uscita: 18/03/2013]
Sarà un caso (o forse no), ma nell’anno del grande ritorno del Duca Bianco David Bowie ritornano anche più grandi - sicuramente - estimatori della sua estetica glam, quegli Suede assenti dalle scene (almeno con un disco nuovo) da dieci anni. E diciamolo subito, anche se il mio cuore è sicuramente di parte: “Bloodsports” è un gran bel disco! Gli anni trascorsi, infatti, sembrano aver cancellato le cadute di stile di “Head music” e soprattutto “A new morning” per tornare, almeno in parte, ai fasti glam di “Dog man star” e “Coming up”. La scrittura di Brett Anderson abbandona per un attimo le auto e le sigarette per raccontarci storie di lotte per amore e dell’eterno gioco carnale che questo comporta (esemplificativa in tal senso la bellissima copertina del disco rivelataci a poco a poco in un countdown sul sito della band prima dell’uscita) e, complice il ritorno alla produzione di quel Ed Buller parziale artefice delle loro fortune, la band sembra aver ritrovato la capacità di scrivere gemme pop di gran classe.
Infatti, sin dalle prime canzoni, Barriers (prima vera anticipazione del disco con bel video in bianco e nero che ci mostrava la band in studio e ci dava l’idea della voglia dei nostri di ritrovare le atmosfere smarrite), Snowblind ed il primo singolo It starts and ends with you si capisce che questa non è la classica reunion per tirare su un po’ di soldi (tanto che per l’occasione è tornato anche il tastierista Neil Codling, ai tempi escluso da Brett perché riteneva gli rubasse la scena) ma piuttosto il desiderio probabilmente mai sopito, ma trascurato forse più per pigrizia, indolenza o manie soliste di Brett, di riprendere a scrivere una storia dal punto in cui la si era lasciata, tornando sul luogo del delitto di brani come Trash e New generation. Ma, complici gli ascolti degli ultimi anni di Anderson (che non nasconde di amare gente come Interpol ed Editors), la chitarra di Oakes ci regala anche un episodio oscuro e fascinoso come Sabotage per poi tornare alla semplicità (aggettivo strano da accostare a questo gruppo) di For the strangers ed un brano come Hit me che ci riporta in un salto indietro negli anni ai tempi di “Coming Up”, che sicuramente farà la sua figura nei live ma c’è anche lo spazio per ballads come What are you not telling me e l’epicità di Always.
E allora ecco, c’è la grandeur di “Dog man star” ma anche la solidità pop di “Coming Up” e se vogliamo trovare un punto debole è forse l’eccessiva pulizia del suono, i riverberi della voce di Brett che se da una parte testimoniano una band ormai matura e professionista, dall’altra tolgono un certo grado di emotività che ha reso famoso l’universo Suede, fatto anche di droghe, che li ha portati a scrivere gran canzoni (ma anche robe francamente oscene), e magari alcune tra queste suoneranno un po’ “finte” nelle vostre cuffie ma c’è da giurare che dal vivo, nei vari festival estivi a cui la band parteciperà, sapranno fare la loro gran figura. Probabilmente è il lavoro più duro (anche per sonorità in certi punti) della band, ma è sicuramente quello che ci dice che a distanza di dieci anni, nel 2013, il britpop non è morto visto anche il ritorno di gente come Albarn e compagni. Insomma,un salto indietro negli anni ’90 senza FB, Twitter, gli smartphones, gli mp3, Youtube etc, non tanto per riesumare con la classica operazione nostalgia un gruppo e riempire un tour. C’è tutto o quasi l’universo Suede nel sesto album della band, in queste dieci canzoni che rivendicano quello che Anderson e soci sono sempre stati per me e probabilmente per tutti gli amanti dello loro estetica fatta di tracce di rossetto sugli specchi dei bagni di squallidi strip-club nelle periferie, in cui cercare quello di cui abbiamo bisogno: tragedia, melodia e… rumore!
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