The Body & Full Of Hell ASCENDING A MOUNTAIN OF HEAVY LIGHT
[Uscita: 17/11/2017]
Stati Uniti
L'ultimo incontro, scontro, esplosione tra i due mastodonti The Body e Full Of Hell genera una nuova apocalisse sonora dopo “One Day You Will Ache Like I Ache” uscito nel 2016 per la Neurot. E “Ascending A Mountain Of Heavy Light” non è solo l’eco di quel primo incontro celebrato tra cielo e catacomba. È un rituale che spazia ancora di più nei territori di confine delle musiche estreme. C’è la notte dei rave, il grottesco canto liturgico di Light Penetrates, il grindocore (Earth Is A Cage), il noise metal, i droni (Our Love Conducted with Shields Aloft), la vocalità da metallo nero dei fiordi (Master's Story, forse l'unico vero “brano” in un contesto di brandelli), il gusto del collage e della giustapposizione, l’improvvisazione libera.
Soprattutto una continua esaltazione della percussività più sfrenata sia essa sulle pelli, sia sulle drum machine. Un battere ossessivo, tribale, come se da una giungla primitiva si levasse il coro di una strana razza di uomini-scimmia che sparano all'impazzata con un arsenale di fucili automatici degni di Stephen Paddock, il folle della “Strage di Las Vegas”. Disco estremo nell'ostinata concisione dei brani, ognuno dei quali si compone di tante piccole sottoparti abbinate l'una all'altra, ed è come uno specchio frantumato che riflette porzioni scomposte di un’immagine sanguinosa.
Celebrazione ulteriore del caos, che percorre una “wasteland” fatta di zombie e assassini seriali, che manipola il pessimismo cosmico di un album come “No One Deserves Happiness”, facendone nichilismo satirico e provocatorio, massacrando definitivamente quel rimasticamento di melodia, di canto e di “controllo” sull'emisfero oscuro. Ciò che domina qui è un acuto senso di tremenda oppressione, soffocamento, pressione.
Ovvero, fin qui, tante belle parole... Ma attenzione perché la fascinazione di questo scenario post apocalittico trova concretezza in un suono massacrante, vomitato dall’incesto di strumenti analogici con loop e campionamenti digitali, percorso da cacofonie, dissonanze, frastuono disturbante e abrasivo.
Un sound graffiato come da unghie su una lavagna. Pesante, possente, opprimente, quasi esagerato anche nel contesto di un'etichetta come la Thrill Jockey. Secondo i FOH «Questo disco è la nostra interpretazione della luce e della gioia che esistono nella collaborazione. Grazie a tutti per aver supportato questa nostra strana visione!»
Strana, senza dubbio...
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