Keiji Haino + Sumac AMERICAN DOLLAR BILL-KEEP FACING SIDEWAYS, YOU’RE TOO HIDEOUS TO LOOK AT FACE ON
[Uscita: 23/02/2018]
Giappone-Stati Uniti
Se pensavate che i recenti incontri-scontri tra The Body e Full of Hell rappresentassero, nei piani dellaThrill Jockey, il massimo della cacofonia noise e della devianza sonora, questo meeting tra Keiji Haino, l’icona vivente della chitarra free-form ed un più giovane discepolo dal curriculum comunque impressionante come Aaron Turner potrebbe elevare ulteriormente l’asticella. Il ring sono i Goksound studios di Tokyo. Il canovaccio è semplice: improvvisazione pura, libera, sfrenata. Ovvero: niente canovaccio. Con Haino ricondotto nel perimetro di un power trio d’elevatissima caratura – i Sumac - che ad oggi sono forse il supergruppo d’eccellenza della scena noise e post-metal, è addirittura troppo facile riportare la memoria ai fasti di lavori come “不失者” o “Gold Blood”, nel riflesso dei quali sguazza questo “American Dollar Bill”.
Quattro brani, titoli improponibili come da prassi di Keiji. Lunghezze geologiche. Una trama che si ripete, con il Guru in nero a fare da battitore libero e conduttore aleatorio: flauto (imbarazzante), rumori, chitarra (per fortuna), voce indemoniata e recitante come una pizia nipponica in preda all’estasi mistica: insomma, non solo l’Haino percussionista minimale a cui siamo fin troppo assuefatti in anni recenti. E questo perché dietro di lui si agita, si tormenta, si divincola, spinge forte quella stessa band che col recente live “WFMU” ha ribadito il suo ultrapotere nel metal alternativo. E in un lavoro che diventa teso, scenografico, elettrico, il Guru in nero Haino (foto a sinistra) deve montare la maschera infuocata che usa sul palco dei Nazoranai con Stephen O'Malley (Sunn O), quella con la quale è ancora in grado, a tratti, di calare l’asso del vortice assordante che spazza via tutto quanto attorno sé. Eppure trai fiordi di magma, ci sono pertugi in cui si insinua un’imprevista introspezione acidula e pigramente adagiata su giochi di eco (I'm Over 137% …), che preparano allo sfogo apocalittico di What have I Done? Pt.2. E il merito va ai Sumac, che con il loro panzer dissonante ma mai piattamente rumoristico, dimostrano di avere ben studiato da eredi dei Fushitsusha, in un album che almeno sarà tra i meglio reperibili nell’occulto catalogo del chitarrista giapponese.
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