Band Of Horses ACOUSTIC AT THE RYMAN
[Uscita: 11/02/2014]
Chitarra acustica, voce e pianoforte sono gli elementi fondamentali dei brani di questo album unplugged della Band of Horses, alternative indie combo originario di Seattle. Il gruppo di Ben Bridwell, autore di quattro album in studio tra il 2006 ed il 2012 in “Acoustic at the Ryman” sembra davvero un’emanazione degli anni settanta: i dieci brani della tracklist sono un omaggio dichiarato all’America ed alle sue radici musicali più caratterizzanti. Il Ryman Auditorium di Nashville è il Whiskey a go-go” del country western, il tempio di un genere di cui sono impregnate le sonorità dell’album. Come nei vecchi unplugged che organizzava MTV a metà anni novanta, la scaletta del disco si snoda in una serie di canzoni tratte dai migliori lavori della discografia della band. A partire dalla alla dolce Marry Song, tratta da “Cease to Begin” (2007), secondo disco della band, sino alla più recente Neighbor (dal penultimo album del 2010 “Infinite Arms”), molte composizioni ricordano grandi nomi nel mondo della musica come Eagles e Crosby, Stills, Nash & Young. Preziosa è la versione, per certi versi più gradevole dell’originale, di Wicked Gil da “Everything All the Time”, 2006), nella quale la voce di Bridwell si amalgama perfettamente con gli arpeggi della chitarra acustica di Tyler Ramsey e le tintinnanti note di pianoforte. Le stesse atmosfere di Wicked Gil si risentono in Factory e No one’s gonna love you, che in questa nuova veste unplugged trovano una nuova identità. Un album caratterizzato da una serenità ed un’intimità disarmante Acoustic at the Ryman: anche The Funeral, probabilmente il brano più grintoso che sia mai stato scritto dalla band statunitense, viene ridotto all’essenziale nelle armonie, ad uno scheletro sostenuto dal picchiettare del piano e da pochi accordi di chitarra, e la canzone perde la primaria caratteristica intensità per assurgere a nuova splendida vita.
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