Les Filles d'Illighadad LES FILLES DE ILLIGHADAD
Niger
«La più grande differenza fra qui e da noi? Da noi, nel nostro mondo, il deserto, non ci sono frontiere. Qui sono dapertutto. Ci vogliono i visti per attraversarle. Ci dicono: mostrate i vostri documenti, fate questo, fate quello, andate qui...Da noi, no. Noi siamo liberi di andare dove vogliamo nel deserto, senza nessuno che ci dica di fare quel che vuole lui». Sono parole di Fatou Seidi Ghali che ben danno l'idea dell'aria che si respira in quella terra benedetta dalla musa delle sette note che è il Sahel, lei è la chitarrista e cantante e suona, insieme alla cugina Alamnou Akrounela, il tende, tradizionale tamburo in pelle di capra che serve per accompagnare riti e momenti significativi nella vita delle comunità. Quel che si propone di fare questo straordinario duo, ma dal vivo possono diventare tre o quattro, è unire la tradizione ritmica del tende con il suono della chitarra, creando in questo modo uno stile nuovo e molto personale. Abbiamo ascoltato molto spesso musicisti africani elogiare il ruolo delle donne nelle loro società, ammirato straordinarie cantanti, ma meno frequentemente abbiamo trovato gruppi musicali interamente al femminile o suonatrici di chitarra, del resto pare che siano soltanto due le chitarriste tuareg, motivo in più per prestare la massima attenzione a questo “Les Filles d'Illighadad”.
L'album esce per l'etichetta Sahel Sounds di Christopher Kirkley, anche produttore del disco, americano di Portland che ama viaggiare in cerca di musica in tutta l'area subsahariana. Il titolo dell'album si rifà al villaggio al centro del Niger nel quale le due cugine sono nate e vivono e dove è stato registrato questo disco. “Les Filles de Illighadad” è un'opera che ci sentiamo di consigliare decisamente a tutti quelli che in questi anni si sono avvicinati alla musica del popolo tuareg, grazie anche al successo di band come i Tinariwen o i Tamikrest, o il nigerino Bombino. Qui troveranno una sensibilità leggermente diversa, un senso molto spiccato per la melodia, i primi cinque, magnifici brani sono costruiti su arpeggi di chitarra ipnotici e circolari sui quali il canto cantilenante crea atmosfere di struggente malinconia (Eliss Wan Anas Douban), di incantevole, crepuscolare pace (Inigradan), o evocano la dimensione di libertà e del viaggio tipiche del desert blues (Telilit). Il disco si chiude con i diciotto minuti infuocati di Tende fra ritmi avvolgenti e canti tribali veniamo trascinati dentro l'intensa vitalità di una comunità di un villaggio nigerino.
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