Quasiviri SUPER HUMAN
Un trio piuttosto particolare i Quasiviri visto che nella classica forma triangolare di due ritmi e un solista, quest’ultimo è un sintetizzatore. La musica che se ne ricava è un progressive sui generis (e non sui Genesis), muscolare e potente poco incline a romanticismi e orpelli. “Super Human” è un album molto interessante con più di un motivo per consigliarne l’ascolto. Uno di questi è la straordinaria sezione ritmica: un basso potente, invadente e presentissimo (Chet Martino) indica la strada maestra sulla quale i graffi del synth di Roberto Rizzo ricamano e intagliano melodie a volte robotiche e futuriste, mentre il funambolico batterista (il canadese André Arraiz-Rivas) instancabile e tecnicamente perfetto quasi danza tra i tamburi con grande fantasia e scioltezza. Tra i brani migliori di questo concept album incentrato sulla condizione umana Gravidance, Sweet Deconstruction, No one to blame, Season of love, che vede ospite la chitarra di Nicola Ratti e l’apocalittica These wining dogs.
L’originalità del trio sta anche nel fatto di non assomigliare a nessuno ma di avere una propria cifra stilistica tipica e personale piacevole e godibilissima. Ma se finora abbiamo tessuto le lodi di questo buon lavoro è anche necessario segnalarne i limiti che ne inficiano un poco il risultato. Le parti cantate (in inglese) sono piuttosto deboli e soprattutto una produzione approssimativa con un suono compresso e soffocato fa abbassare il livello di un album che musicalmente, per originalità, validità delle composizioni e per la tecnica dei musicisti, sarebbe (e comunque è) ampiamente sopra la sufficienza. Certo, non tutti sono Steven Wilson, ma un gruppo così valido e capace meriterebbe un produttore illuminato che ne tragga sonicamente la brillantezza e il meglio che senz’altro esiste sotto questo suono troppo fumoso e oppressivo.
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