The Bevis Frond WE’RE YOUR FRIENDS, MAN?
[Uscita: 07/12/2018]
Inghilterra #consigliatodadistorsioni
Esistono vini di piccole cantine artigianali che possono essere un piacevole rifugio dopo una giornata di stress: quando si torna a casa, si stappano, si assaporano, da una parte si ha la piacevole sorpresa di assaggiare qualcosa che, non essendo prodotto in linea con la logica di dettami industriali, non potrà mai uscire fuori uguale a se stesso o standardizzato; dall’altra si sente però sempre la stessa mano di chi da anni realizza un qualcosa di rustico, semplice, sincero, coerente con le aspettative e, proprio per questo, in qualche modo “rassicurante”. Tutto questo vale anche per Nick Saloman, meglio conosciuto nel mondo della musica come Bevis Frond: grande “artigiano” della musica che, dopo 30 anni di carriera appena compiuti e oltre una ventina di album pubblicati, continua ad andare avanti nel suo percorso creativo con la stessa caparbietà, sincerità e onestà intellettuale. E alla fine, strappare i sigilli di un suo album e metterlo nel lettore ha esattamente lo stesso gusto di quel buon vino: gli ingredienti in fondo sono sempre gli stessi, ma i sapori e le sfumature sono sempre nuovi. E' quello che succede anche con questo nuovo e bellissimo “We’re your friends, man?”
L’opening affidata a Enjoy ricorda (e non poco) gli esordi di Julian Cope, i suoi primi due album da solista dopo la fine dei Teardrop Explodes, quella post-new wave fatta di schitarrate lisergiche che sostengono melodie vocali dalla freschezza degna delle pop-songs della Motown. Nella title track c’è un pizzico di Cat Stevens e un tocco di Donovan, una dolcezza antica che conquista il cuore.
Gli otto minuti di Lead on rappresentano uno tra i capitoli più lunghi del disco, per lo più composto da canzoni brevi: le prime note sembrano quelle di un Jimi Hendrix che, anziché suonare l’inno nazionale statunitense, scimmiotta il Big Ben di Londra. Ma con l’entrata di tutto il tessuto armonico quelle quattro note diventano il riff che sorregge una azzeccata ballad di sapore molto americano. Lunga song è anche la conclusiva You’re on your own, una potente suite dove ancora una volta fa capolino il fantasma del vecchio Jimi: divagazioni wah-wah che sembrano rubate alla sua immortale versione della dylaniana All along the watchtower, sono sorrette da un succoso organo Hammond, fino a un finale parossistico di chitarre su chitarre.
Non staremo a citare tutte le ben 20 canzoni che costituiscono questo corposo lavoro (1 ora e 25 minuti), tanto le “uve pregiate” che formano il “buon vino” chiamato Bevis Frond sono queste: cantautorato di alta scuola, figlio di Cat Stevens come di Lennon e McCartney (i dolcissimi arpeggi acustici di Little Orchestras), qualche piccola divagazione vagamente più “americana” (Venom Drain), tanta psichedelia, tocchi soul e black nelle melodie, sapori folk in talune armonizzazioni chitarristiche (la stupenda ballata in solitario Mad Love). Ciò che sorprende sempre in Bevis Frond è la freschezza del songwriting: dopo così tanti album e con così tante canzoni in ciascuno, il riff è sempre quello giusto, il tema è sempre azzeccato, il ritornello è sempre catchy. Un vero e proprio “dono di natura” che non è da tutti.
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