The Strange Flowers PEARLS AT SWINE
[Uscita: 15/06/2015]
#consigliatodadistorsioni
Non è facile sorprenderci. Quando hai ascoltato certa roba per decenni, diventi un po’ snob. Cammini con la puzza sotto il naso. Poi, ti si para dinanzi un disco come “Pearls at swine” e ti accorgi che quella puzza che sentivi era la tua. Quanti dischi hanno fatto gli Strange Flowers? Non importa. Quello che conta è che Pearls at swine, quello nuovo, è il migliore di tutti. Come vuole il luogo comune dei comunicati stampa e delle veline promozionali. Solo che stavolta non ci sono ancora nè i primi nè le altre. Non ancora. Stiamo ascoltando il nuovo album del gruppo pisano in una modalità a noi desueta come il Soundcloud. Sarebbe quella piattaforma in cui uno può godere della musica come su XXNX.com del sesso. Se la modalità è inadeguata al piacere, purnondimeno Pearls at swine raggiunge quel punto G che tutti possiamo fingere di avere, maschi e femmine, tanto nessuno ha mai ben capito dove si trovi.
Un disco di psichedelia strabordante e catalizzante che forse farebbe mordere le mani a gente più (Robyn Hitchcock) o meno (Bevis Frond) giustamente osannata. L’avvento della “Terza Repubblica degli Strange Flowers” (con l’arrivo dell’organista fiorentino Giacomo Ferrari) non poteva celebrarsi sotto una bandiera migliore, con un lavoro ricco di suggestioni “floreali” e di canzoni eccellenti piene di nomi di donne e di uomini. Un po’ come era per i primi Pink Floyd. Che rimangono lì come suggestione, assieme a tante altre. Come i Creation e i Misunderstood ad esempio, che sono i primi nomi a venirci alla mente mentre sfrondiamo i petali di questa margherita. Un lavoro che potrebbe, e dovrebbe, piacere ad un sacco di gente. Dai fanatici del garage agli amanti del pop più acido e visionario fino, perché no, a chi ha agitato le zazzere ai tempi del brit-pop (ogni tanto le smorfie di Blur e Ride sembrano saltare fuori come folletti da questi campi di fragole). Dio voglia che sia così. E che sia sempre primavera.
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