Mamuthones-Evil Blizzard COLLISIONS 04
[Uscita: 19/01/2015]
Italia-Inghilterra #Consigliato da Distorsioni
I nomi illustri comparsi finora in questa serie della britannica Rocket Recordings sono: The Heads/White Hills, Oneida/Mugstar, Shit & Shine/Gnod. L’esperimento di raffronto tra queste diverse band ha esplorato i limiti del viaggio psicotico, generando di fatto esplosioni inaspettate di potenza devastante e audacia fuori dalle righe. Si fronteggiano in questo quarto episodio i macabri e grandguignoleschi Evil Blizzard di Preston e uno dei nostri vanti nel campo della psichedelia occulta di ultima generazione, i Mamuthones di Alessio Gastaldello. I primi presentano una doppia versione dello stesso potente, ossessivo brano: Sacrifice, una sferzata di ritmiche incalzanti e ridondanti, diradate da emissioni sulfuree vagamente space. Molto bella la versione con il remix dei compagni di scuderia Rocket Rec. Teeth of the Sea, una visione orrorifica ed elettrificata che lavora su uno stesso frame decompresso e diluito, ripetuto in una specie di nenia oscura e deviata piena di effettistica campionata e suoni concreti.
Sorpresa inaspettata ed ennesima sfida stilistica messa invece in campo dai Mamuthones. Sfoderano quattro brani velocissimi e ritmati che richiamano il motorik teutonico ma che per vie traverse ancora sono impregnati della ritualità pagana e ancestrale messa a punto nei primi lavori. Un tentativo di sdrammatizzare già anticipato nell’ultimo Thalassa con l’anteprima di Don’t be Choosy, gustosa e coinvolgente dal vivo. I’ve gotta be è sospesa tra esotico e intarsi di elettronica naif. Potrebbe sembrare una sonorizzazione di avventure fantascientifiche in chiave rocambolesca. L'incedere robotico in quattro quarti non conosce soluzione di continuità. Con tutte le varianti del caso ci riporta ad una rivisitazione ragionata della psichedelia più divertente e visionaria fino a sfiorare il folklore synth pop e il weird noise più sviato di Stereo Total e Trouble vs Glue in Fire on Fire. Si fatica davvero a riconoscere le atmosfere mistiche e introspettive a cui eravamo abituati ma tutta la genialità e la vivacità sperimentale straborda nell'ultima Holy Ghost People una dance nevrotica e forsennata di percussioni, farfisa e tastiere pirotecniche. Una destrutturazione art rock che raccoglie le fila dell'easy listening e dell'impro dada degna dei migliori Stereolab. Un cocktail lounge che spazia dal tribale al jingle jangle, dalla ritualità orgiastica al synth funky futuristico. La vera euforia invasata degna dell'estetica caleidoscopica della Rocket!
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