Tamikrest CHATMA
[Uscita: 13/09/2013]
# RACCOMANDATO DA DISTORSIONI
Una foto in bianco e nero di un viso di una giovane donna tuareg circondato da uno scialle nero e due occhi chiari profondissimi da cui è impossibile staccarsi, uno sguardo che racchiude in sé dolore, nostalgia e fierezza. E’ questa la bellissima copertina dell’ultimo album dei maliani Tamikrest, “Chatma” che in lingua tamashek vuol dire sorelle e rispecchia lo spirito della musica della band del Mali. Il disco è dedicato alle donne tuareg «sono il simbolo della libertà e della speranza, la base di un cambiamento verso un mondo migliore. Spesso stanno nell’oblio, all’ombra di conflitti, questo album rende loro onore». Il bel libretto che correda il cd contiene le traduzioni dei testi sia in francese che in inglese, permettendoci così di avere un’ampia comprensione delle canzoni. Ormai giunti al terzo album e con una consolidata fama, grazie anche ad un’intensa attività live, i Tamikrest continuano il loro sodalizio con Chris Eckman (Walkabouts, Dirtmusic) ancora una volta nel ruolo di produttore, e realizzano il loro album migliore, nel quale trovano compiutezza espressiva le diverse influenze che caratterizzano il loro percorso musicale: la tradizione musicale tuareg, il blues, il rock, la psichedelia, il funk. Il risultato è un’eccitante miscela di suoni profondamente evocativi, energici, in cui l’incessante dialogo fra tradizione, nell’uso soprattutto delle percussioni, nel canto e nei cori, e rock, innanzitutto nelle chitarre distorte, l’aggiunta di un secondo chitarrista, Paul Savagnac, ha reso ancor più dinamico e fantasioso la musica della band, e nelle accelerazioni di ritmo produce un suono vibrante che tocca nel profondo chi ascolta. Un album che è in totale sintonia con le sofferenze, le amarezze, le tribolazioni, le speranze, le gioie e le lotte del popolo tuareg, dal quale trae linfa vitale e ispirazione.
Ancora una volta testi e musiche sono opera del cantante e chitarrista Ousmane Ag Mossa, 10 brani della durata media di 4 minuti. Si comincia con Tisnant An Chatma (La sofferenza delle mie sorelle) brano palpitante, con un energico tappeto di chitarre e un ritmo martellante, mentre i cori evocano paesaggi desertici e magici, un inno alla dignità delle donne; Imanin Bas Zihoun è un canto cupo di dolore e angoscia, ma con un ritmo vitale che stempera il duro e drammatico testo; andamento sincopato e funky in Itous; mentre la quieta Achaka Achail Aynaian è un’apertura alla speranza di un nuovo giorno; Djanegh Etoumast è un ammaliante canto tribale accompagnato da una cristallina chitarra blues e da accesi ritmi funky; Assikal vira verso atmosfere psichedeliche e sognanti alla Pink Floyd; ritmi dilatati, voce maschile e femminile duettano nella struggente e malinconica Toumast Anlet; Takma è un blues che si nutre dei bagliori e delle sabbie del deserto; chiude l’album la meravigliosa Timtar, in cui si canta il dolore di doversi separare dall’amata, le chitarre creano ipnotiche linee psichedeliche, i Quicksilver di John Cipollina sballottati dai venti del Sahara. Dopo quelli di Bombino, di Samba Touré, di Rokia Traoré, dei Dirtmusic un altro grande disco che proviene da una terra tanto musicalmente felice, quanto socialmente, politicamente, economicamente tormentata.
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