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16 Dicembre 2024

Marco Rovelli L’Attesa

2024 - Autoproduzione

A distanza di un anno dall’ottimo “Concerto D’Amore”, firmato col chitarrista Paolo Monti e recensito su queste pagine, al quale Marco Rovelli aveva invitato a cantare alcune delle voci femminili più belle della musica indie italiana, esce ora “L’Attesa” che non è solo un disco, ma anche un libro o meglio un discolibro «un insieme fatto di due elementi che stanno in relazione reciproca», anche se entrambi sono godibilissimi anche separatamente. Il libro consiste in una serie di dialoghi, legati al tema delle canzoni, con anime in qualche modo a lui affini, che abbiano il ‘contro in testa’, come recita il titolo del bel libro che l’autore ha dedicato alla sua Carrara, si va da Antonio Moresco a Bifo ad Alessandro Portelli alla poetessa Maria Grazia Calandrone. Il libro è molto interessante, la formula del dialogo rende vivace il confronto, come se anche noi stessimo lì a discutere di alcuni concetti che stanno a fondamento del vivere. Ma se questi sono affrontati nel libro in forma teorica e razionale, trovano poi espressione compiutamente artistica e poetica nella forma canzone del disco. Ma passiamo alla musica e diciamo subito che c’è una canzone che da sola varrebbe l’acquisto del disco, ci riferiamo alla title-track non solo per i versi che in poche pennellate rendono magnificamente l’atmosfera che si respira nella città di Palermo, ma anche per il modo in cui il testo, insieme alle musiche con in evidenza il violoncello di Lara Vecoli e la chitarra di Paolo Monti, rendono il senso di spossatezza e irrequietudine che coglie un attendere che sembra evocare lo stato esistenziale del sottotenente Drogo. Non che il resto sia da meno, quelle di Rovelli sono canzoni che svelano la loro profondità ascolto dopo ascolto, il tempo è un tema che ritorna in diversi brani, per esempio nella bella cover di Fino All’ultimo Respiro di Piero Ciampi con un arrangiamento evocativo da frontiera o nello slowcore rarefatto di Ferita, perché è nel tempo che noi viviamo, resistiamo, soffriamo, amiamo. E Rovelli sa da che parte stare pur nell’inquietudine dei tempi, e in La Scelta troviamo versi illuminanti: «Abito due mondi, vivo sul crinale ho tante identità / ma conosco bene la parte dove stare… Nelle mie scarpe c’è il mondo intero di chi si gioca la vita.». L’amore è un altro tema, amore come primo atto politico nel quale noi riconosciamo l’altro come degno di avere i nostri stessi diritti, come spiega la poetessa Calandrone nel libro, e cantato da Rovelli in Gardenia e in Angelica, qui ci si rivolge al personaggio ariostesco che diventa simbolo dell’amore come libertà: «Nostra signora senza proprietà / tu canti l’amore che proprietà non ha», del resto già nella ballata Noi Chisciotte in un dialogo col personaggio di Cervantes si afferma che «sola libertà è inseguire un sogno senza padrone». Un disco in direzione ostinata e contraria, per chi non è riconciliato col mondo che ci circonda, per chi non accetta guerre e disuguaglianze, per gli sbandati evocati nell’omonima canzone posta alla fine dell’album, può far pensare a De André e ancor più con un autore con cui Rovelli è stato profondamente legato come Claudio Lolli, a cui ha dedicato il libro “Siamo noi a far ricca la terra. Il romanzo di Claudio Lolli e dei suoi mondi”, e del quale condivide il modo indipendente e libero di stare al mondo. Rovelli canta con intensa partecipazione emotiva, con pathos e sentimento, si percepisce il suo totale coinvolgimento, mentre vanno lodati i bellissimi arrangiamenti e la bravura dei musicisti coinvolti a partire dal chitarrista Paolo Monti degli Star Pillow e Bosco Sacro che disegna splendidi paesaggi sonori per i versi delle canzoni, districandosi fra post rock, psichedelia e blues.

Voto: 8/10
Ignazio Gulotta
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