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6 Giugno 2024 , ,

Andrea Van Cleef Horse Latitudes

2024 - Rivertale Productions
[Uscita: 05/04/2024]

La Provincia è sempre dura, una dimensione in cui si incontrano vite destinate a consumarsi lentamente insieme ai sentimenti e alle aspettative di un futuro che tarda ad arrivare. “Horse Latitudes”, quarto album di Andrea Van Cleef rappresenta la riscrittura di un immaginario personale ed artistico, di una frontiera esistenziale eretta con il materiale di una eredità che guarda al southern blues, al country meno allineato e al folk come linguaggio basico per la costruzione di tutto. L'album ha una duplice anima, una americana ed una italiana: una prima parte delle sessioni si è svolta nello studio del chitarrista e produttore Rick Del Castillo, peraltro collaboratore del regista Robert Rodriguez, avvalendosi di musicisti del calibro del leggendario sessionman di Austin Matthew Smith, mentre una seconda parte è stata ultimata a Brescia. Le undici nuove canzoni di Van Cleef sono un viaggio nel cuore di un paese desertico in cui il passato è un'ombra che ti segue dappertutto per tirarti giù nelle proprie asfissianti sabbie mobili. La scrittura di “Horse Latitudes” contiene la profonda autenticità di chi la musica americana l'ha assimilata facendo in modo che permeasse tutte le proprie fibre. Nulla sembra artefatto, piuttosto naturale come il corso di un fiume che si insinua in anfratti terrosi per riemergere lontano a valle. Van Cleef utilizza stilemi consolidati, mentre in ogni passaggio è riconoscibile la tradizione che passa da Cash per arrivare sino allo Springsteen più solare, senza tralasciare le lande magnetiche di Hugo Race o un certo contrappeso di teatralità noir alla Nick Cave delle "Murder Ballads". La partecipazione, tra gli altri di Dana Colley, sassofonista dei Morphine, non fa altro che confermare il livello di una scrittura senza cedimenti o passaggi a vuoto, molto curata nei dettagli e nella qualità degli arrangiamenti. La traccia che rappresenta l'apice del disco è The Disappearing Child resa toccante  dall'uso degli archi che definisce i contorni di una sorta di antica cantilena il cui mood si avvicina alla sensibilità di Kurt Wagner e dei Lambchop di “Aw C'Mon / No You C'Mon”. Ma è tutto il disco ad essere immersivo in un ascolto che avvolge con i rintocchi di un blues scheletrico (A Horse Called Cain), con le sospensioni di una quiete bucolica (Fire In My Bones), con la coralità del folk (Love Is Lonely) prossima a Johnny Cash, così come nei languori alla Springsteen di Thing. Possiamo dire che “Horse Latitudes” è l'approdo sulle sponde della maturità di un artista che ha viaggiato tanto, ha raccolto pezzi di vite diverse e li ha ricomposti in una poetica personale che ha il sapore di impervie strade secondarie più che di anonime ed infinite highways.

Voto: 7/10
Giuseppe Rapisarda

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