Adriano Zanni FALLING APART
[Uscita: 6/03/2017]
Il sodalizio tra Adriano Zanni e Boring Machines arriva alla terza tappa dopo il primissimo lavoro del 2008 “Piallarossa (red desert chronicles)” e il pregevole box fotografico del 2014 “Red Desert Chronicles (postcards from Ravenna)”. Zanni è un visionario puro e le sue immagini sono realistiche e glaciali, distaccate e intense, alienanti, ipnotiche, attraenti. Ce le racconta attraverso i tagli particolari e i focus delle sue fotografie ma anche, soprattutto, plasmando un intreccio sonoro di suoni artificiali e field recording estrapolati da un ordinario anonimo. La sua forza è proprio questa, l’osservazione del dettaglio. Mettere a fuoco l’oggetto insignificante e fargli prendere vita evidenziandone i particolari più reconditi, quelli che sfuggono ad un primo sguardo superficiale. “Falling Apart” è quindi una proposta che continua a muoversi in affinità di presupposti con i due lavori precedenti, potremmo anzi azzardare, con l’attività stessa dell’autore, che coniuga arti trasversali in un sincretismo estetico del tutto coerente e ben finalizzato. Anche i lunghi silenzi di Adriano Zanni sono in questo senso contestuali.
In questi due episodi si ravvisa la sua concezione ideologica che imbastisce una sorta di proiezione atmosferica e cinematica, capace di catapultare in un ambiente dalle coordinate realistiche ma anche del tutto indeterminate. Emerge una zona grigia che predilige l’isolamento, la straniazione. Le scenografie distopiche che tratteggia sono in realtà elegantemente e sottilmente disturbanti. La sua scrittura elettronica è raffinata e intrigante. La sua anamnesi sensoriale è sottile e provocatoria, per certi versi ammicca alla simbologia del feticcio, dei cut up inconsci e dell’inner space che fu cara ad autori come Burroughs e Ballard. La Falling Apart del nostro remoto. Riappropriazione, introspezione e lucida coscienza del caos che muove le cose. Dal disordine entropico, che misura incertezza e genialità, parte la sua indagine musicale efficacemente postmoderna, un tentativo acuto per sintonizzarsi con nuove interazioni e trovare un’autentica identità sperimentale. Ecco allora che sbiadisce la differenza tra essere e immaginare, tra vero e falso, reale o fantascientifico, suggestione o raziocinio. Il suo Black e il suo White è un continuum giocato sui rimandi, su rumorismi concreti, glitch e inserti casuali che ci forniscono uno specchio sfaccettato in cui cogliere la nostra identità più complessa, fatta di luci e ombre.
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