AA. VV., Go Cat Go! - Gronge - Breathless Ristampe, Antologie, Box
AA. VV., Go Cat Go! (The Essential Rockabilly Collection)
Uscita: 23 Ottobre 2015, Salvi Music, (4 CD Box)
L’unico precedente di pari portata fu “Rockin’ Bones”, pubblicato dalla Rhino quasi dieci anni fa. Come questo, era un cofanetto di quattro CD che passava in rassegna il fenomeno musicale del rockabilly storico, ovvero quello nato a ridosso dei primi singoli di Elvis Presley e che provocò la prima tempesta ormonale della gioventù americana e la prima vera rivoluzione discografica mondiale. “Cat” era, all’epoca, un appellativo adottato nell’area occidentale del Texas per definire la prima fusione fra country e R&B da cui sarebbe nato l’hillbilly prima e il rockabilly dopo e che era stato preso in prestito dallo slang dei jazzisti neri degli anni venti. A farlo diventare un termine alla moda per descrivere con un appellativo adatto ai nuovi “tempi veloci” qualcuno di veramente cool ci pensò Carl Perkins con la sua Blue Suede Shoes. Il termine diverrà di uso comune nell’ambiente rockabilly e verrà usato in decine e decine di canzoni. Quando, nei primi anni Ottanta, i capelli impomatati torneranno a far bella mostra di sè nelle strade, la band che guiderà l’intero revival si chiamerà, guarda caso, Stray Cats. La Salvo Music fa suo proprio quel monito lanciato da Perkins per intitolare questo tributo al rockabilly storico dei mid-50’s e ci restituisce, in cento canzoni, l’essenza vibrante di quel suono creato con pochissimi mezzi (una chitarra acustica, una chitarra elettrica, un contrabbasso, un kit essenziale di batteria la formula base) ma in grado di trasmettere un’energia erotica così palpitante da scuotere tutta la giovane comunità bianca americana e creare sgomento fra gli adulti. A differenza del rock ‘n roll che traeva origini dal blues e restò infatti una “faccenda per neri” (Chuck Berry, Little Richard, Bo Diddley, Fats Domino, ecc. ecc. tutti “confinati” nelle classifiche di musica black perché ritenute “inferiori”), il rockabilly faceva tesoro della tradizione musicale bianca del country & western e, nonostante gli scandali e le oscenità che si trascinò dietro, fece breccia nel mercato ufficiale grazie alle facce “bianche” di Elvis, di Carl Perkins, di Bill Haley, di Jerry Lee Lewis, di Eddie Cochran, di Gene Vincent e di tutti gli altri “cool cats” che dominarono la musica di quegli anni e che, per la prima volta, diventava una “scena” che impattava non solo sulle orecchie, entrando con prepotenza nelle case americane grazie al rivoluzionario arrivo del nuovo mostro domestico chiamato TV, facendo dei salotti familiari dei campi da guerra dove le raccomandazioni filiali prima e i divieti subito dopo cominciavano a superare di gran lunga la lista delle concessioni e dei permessi autorizzati dai genitori. Il fatto di non rappresentare più una musica razziale ma una musica popolare cantata e suonata da gente bianca rappresentò dunque la rottura della diga che fece riversare il rockabilly nella vita comune di milioni di famiglie creando per la prima volta la “categoria” sociale degli adolescenti. Che non erano più soltanto “figli” ma avevano un proprio gusto, un proprio carattere, un proprio linguaggio. E che di certo non era per nulla uguale a quello dei “padri”. Furono loro, figli del benessere bianco che permetteva loro di spendere le modeste paghe settimanali in beni di consumo di facile acquisto a creare dal nulla, da consumatori, il nuovo mercato discografico. Mercato che, sull’onda di quei supereroi con la chitarra a tracolla, si trovò corrotto da centinaia e centinaia di cantanti e musicisti che a volte durarono una sola stagione (vedi i casi di Buddy Holly e del Johnny Burnette Trio) ma il cui contributo alla svolta decisiva del rock ‘n roll resta ancora oggi impressa nella storia come un’impronta indelebile. Go Cat Go! racconta tutto questo. Senza nemmeno il bisogno di alzare la voce. E senza nemmeno aggiustare gli errori che i musicisti si portavano dietro una volta varcata la soglia della Sun Records. Proprio come allora.
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Gronge – Gli Anni 80
Uscita Ristampa: 19 Ottobre 2015, Again Records (2 CD)
Gli anni Ottanta dei Gronge. Tutti. Senza dimenticarne nessuno. "Classe Differenziale", "Fase di Rigetto", lo split con i Move del 1987, i pezzi de "La nave dei folli" e la primissima demo a nome Kapò Koatti, più vicina ad una forma di canzone tradizionale di impronta punk di quanto poi la storia dei Gronge avesse mai pensato di fare sin dai suoi inizi, datati ormai nel lontanissimo 1985. Agitatori sociali prima ancora che musicisti, seppur atipici, Tiziana Lo Conte (voce), Marco Bedini (batteria) e Sandro Denni (tastiere) sono attivisti di chiara estrazione sinistroide e autori di uno stile musicale originalissimo difficilmente inquadrabile con categorie definite e vagamente imparentato con certe derive industrial d’Oltremanica, con il punk frastagliato dei Minutemen e il cabaret decadente di matrice teutonica, ma rivisto con spirito e mente critica molto Italiane. Con un occhio sui quotidiani nazionali, uno alle etichette dei veleni industriali e uno sui graffiti che sono le versioni preistoriche delle bacheche di Twitter. E’ così che nasce la prima autoproduzione del gruppo capitolino intitolato Classe Differenziale. Una demotape stampata in sole 80 copie che verrà pubblicata su vinile solo tre anni più tardi, per l’etichetta di Stefano Giaccone dei Franti. Cinque canzoni schizzate, scomposte, dai contorni irregolari come dei nei mutogeni. Il debutto ufficiale, ancora autoprodotto e supportato da decine e decine di eventi lungo le realtà autogestite ed occupate dello stivale, si intitola Fase di Rigetto, venduto al prezzo imposto di 10.000 Lire. Il suono è ancora più incatalogabile ed eversivo rispetto alla demo, a-melodico, torvo, surreale, neoplastico. Pochi mesi dopo è la volta dello split con gli affini Move, anche loro capitolini dal suono poco definibile. "Gli Anni 80" ripropone tutta la facciata destinata allora ai Gronge: sette canzoni su cui svettano il punk di bachelite di Mentre Soweto brucia e i telai di polivinilcloruro di Un giorno nasce e uno muore. A chiudere la doppia raccolta, i tre brani che i Gronge regalarono alla fanzine Amen per la compilation La nave dei folli, progetto legato alla delicata gestione della Legge Basaglia racchiuso all’epoca in una ormai introvabile confezione shock e stampato su un picture disc disegnato dagli ex ospiti del manicomio meneghino, riprodotto qui su piccolo formato per i due supporti digitali. Musiche anarcoidi. Per niente convenzionali e per nulla allineate a quanto si produceva allora o si continua a produrre oggi, nonostante le reti metalliche degli ospedali psichiatrici siano state sostituite da quelle a maglie apparentemente meno oppressive della rete virtuale.
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Breathless - Blue Moon
Uscita Ristampa: 12 Febbraio 2016, Tenor Vossa Records (2 CD, 2 Vinili, Download)
Dopo la pubblicazione di "Between Happiness and Heartache", le uscite dei Breathless si diradano, a dimostrazione che per Dominic e Ari gli impegni coniugali hanno sostituito quelli artistici nell’ordine prioritario delle loro vite. I Breathless rimangono ai margini (come in fondo, inspiegabilmente, è sempre stato) del mercato musicale importante, pur influenzando trasversalmente molte delle band che stanno emergendo nella prima metà degli anni Novanta, Sigur Ròs e Mogwai in primis. La Luna Blu è quella che albeggia nel 1999 dopo otto anni di oscurità, innalzando le maree soniche dei Breathless ad un livello, seppur intuibile, mai arrivato prima. Sono lunghe pieces per lo più strumentali e quasi totalmente improvvisate in studio, secondo una visione krauta che era già palpabile negli album della prima stagione e che il fenomeno post-rock ha nuovamente riportato all’attualità di quegli anni, e che raggiungono il culmine orgiastico nelle tre lunghe riprese che documentano l’allunaggio e intitolate Moonstone. Se i primi due movimenti furono pubblicati all’epoca in edizione limitata, il terzo era rimasto ad oggi inedito e viene incluso in questa ristampa in doppio supporto (digitale e vinile) targata 2016 assieme ad un altro frammento lunare come Blue Moon. Sono tredici minuti di ronzii elettronici e fischi che inseguono il sogno spaziale dei primi Pink Floyd e che ben si inseriscono nel filone tracciato sull’album da pezzi come All the Reasons Slide o No Answered Prayers o dai vortici galattici che avvolgono brani come Come Reassure Me o Magic Lamp che emulano lo sciabordio elettrico dei Telescopes o dei My Bloody Valentine. Il marchio di fabbrica dei Breathless, quella psichedelia densa, avvolgente e tantrica, ossequiosa del passo indolente della notte non è andata però perduta. Walk on the Water e Goodnight si riallacciano infatti al passato storico della formazione inglese, pur cedendo il passo a certe derive quasi new-age o a certi cerebralismi che navigano nelle orbite di band come Stereolab o Tortoise, e che tracciano traiettorie inedite per la una delle più preziose e, ahimè, sconosciute formazioni di tutto il post-punk inglese.
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